SEMINARIO IMBERTY 09/05/2016

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music-dance

Giovedì, 5 Maggio, 2016

Michel IMBERTY
Professore Emerito all’Università di Parigi Ovest – Nanterre – La Défense

Quando il corpo è scenografia dello spirito
(Musica, musicalità e comunicazione intersoggettiva)

Sappiamo oggi che la musica è fondamentalmente un'attività iscritta nel patrimonio genetico della specie umana. Ciò significa che le capacità che essa richieda, si sviluppano con la vita e che ne segnano gli aspetti più importanti. La musica si sviluppa nello sforzo stesso degli esseri umani per comunicare tra essi in raccontandosi e costruendo, scambiando e improvvisando il racconto delle loro esperienze e della loro vita. La musica è dunque l’essenza stessa dell'espressione, espressione delle emozioni, dei sentimenti, individuali o collettivi, e questa espressione naturale e spontanea comincia molto prima il linguaggio verbale, ancorato nel corpo e i movimenti del corpo nello spazio ed il tempo umani. Fin dalla nascita, e probabilmente già alcuni mesi anteriori, il bambino pensa, agisce e prova in un universo che percepisce intenzionale, temporale e drammatico al più alto grado. La voce umana gioca un ruolo primordiale che getta le basi di questa organizzazione temporale interiore, siccome getta le basi dell'organizzazione temporale della musica.

L’aspetto il più importante di questa organizzazione temporale è il suo carattere “narrativo” o “proto-narrativo”. Questo significa che il nostro cervello bisogna di mettere in ordine gli eventi contenuti nel tempo soggettivo di modo orientato e sotto la forme di sequenze memorizzate con un “inizio” e una “fine”. Il modo più abituale di comunicare con i nostri congeneri è di raccontare storie a loro e di sentire le storie che loro ci raccontano. Ma vorrei aggiungere qui l’idea che questa organizzazione narrativa del tempo umano funziona nell’esperienza vissuta, nelle interazioni e gli scambi fra le persone soltanto se la linea direttrice del racconto (o del proto-racconto) è una scenografia, drammatizzata dal corpo, dai sui gesti, dalle sue attitudini, dalle sue intenzionalità fisiche come psichiche. Il nostro spirito è così più creativo e comunicativo che il corpo l’incarna e in un certo modo lo rappresenta (nel senso teatrale della parola).

La musica e il racconto hanno in comune questa organizzazione della progressione del tempo, questa forma del tempo che non racconta, ma drammatizza, scenografa per l’altro o per se stesso, dà un senso, una direzione un’intenzionalità che soffia la vita nelle strutture della sintassi dei codici, mantenendo però incertezze, nuovi sviluppi, rotture : durata, velocità del flusso, profilo temporale determinato dai parametri di accenti e di intensità, densità degli eventi sonori nella durata sono provati dall’ascoltatore di modo diretto, sensibile, senza mediazione del linguaggio o dei codici sociali e culturali che possono aggiungersi.

Il racconto si struttura nel linguaggio, il dramma nella musica del linguaggio e nella musica del corpo. L’involucro di drammaticità è la manifestazione incarnata, incorporea, dell'intenzionalità dei nostri atti ed i nostri comportamenti, è insieme un collocamento in ordine nel tempo di avvenimenti, di sentimenti e di sensazioni, collocamento in ordine che è quello della proto-narratività, ed una scenografia di questi contenuti senza la quale loro stessi non possono essere afferrati nella loro continuità ed il loro rilievo, e non possono essere condivisi nella comunicazione intersoggettiva e sociale.

Lunedì 9 maggio 2016 ore 17:30 - 19:30
Aula 12 - Facoltà di Medicina e Psicologia, “Sapienza”, Università di Roma
Via dei Marsi, 78
 

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