porfido rosso

 

Provenienza: Mons Porphyrites, Gebel Dokhan-Teben, Egitto

 

Descrizione

Il porfido rosso è una roccia effusiva a composizione dacitico-andesitica con una caratteristica pasta di fondo di colore rosso scuro-porpora per la presenza di ematite e di ossidi manganesiferi che ingloba anche fenocristalli che possono essere bianchi, rosati o neri. La sua estrema durezza ne rende particolarmente difficoltosa la lavorazione, che richiede estrema perizia. Veniva estratto dalle cave del mons Porphyrites, del Gebel Dokhan, nel deserto orientale dell’Egitto. Il suo primo utilizzo certo risale già all’epoca tolemaica, mentre a Roma venne introdotto a partire dal I sec. d.C., forse sotto il regno dell’imperatore Tiberio. La proprietà delle cave del Mons Pophyrites ben presto passò nelle mani della corte imperiale, che destinò il porfido rosso alla produzione esclusiva di opere su committenza dell’imperatore o dei suoi familiari. Dal forte valore simbolico, il porfido divenne espressione del potere imperiale.  Nell’Editto dei prezzi di Diocleziano (301 d.C.) risulta la pietra più costosa. L’estrazione continuò fino al V secolo. L’utilizzo principale di questo materiale era riservato alle statue imperiali, ai sarcofagi ed in generale agli elementi architettonici. Uno degli oggetti più celebri realizzati in porfido è il sarcofago attualmente conservato ai Musei Vaticani, destinato alle spoglie di Elena, la madre di Costantino morta nel 329. Il porfido rosso fu ampiamente utilizzato anche durante il Medioevo, anche come elemento per le grandi “rotae” (lastre di forma circolare) che sono un elemento essenziale dei pavimenti cosmateschi nelle chiese romaniche.

 

Sarcofago di S. Elena, Musei Vaticani

 

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