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Roma, venerdì 24 gennaio 2003 ore 9,30
Prima Facoltà di Architettura "Ludovico Quaroni"
Aula Magna - Piazza Borghese, 9
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Solo pochi anni separano gli edifici dell'E42, progettati tra il 1937 e il 1939, dal concorso per la realizzazione del Monumento ai Martiri delle Fosse Ardeatine (1944), ma si tratta di anni decisivi per le sorti del nostro Paese. Alla fine degli anni Quaranta, i cantieri abbandonati dell'Esposizione e l'immensa pietra tombale che suggella il sacrificio delle 335 vittime della rappresaglia nazista costituiscono, a poca distanza l'uno dall'altro, i due poli inquietanti della profonda trasformazione - etica oltre che linguistica - che l'architettura italiana ha attraversato.
Su questo periodo cruciale non si è molto indagato sia per le oggettive difficoltà di rintracciare materiali che possano consentire analisi documentate, sia per una certa qual prudenza che per molti anni ha accompagnato l'ipotesi di ricostruire e connettere fra loro gli avvenimenti di quegli anni e le scelte personali che ebbero in quei momenti una grande importanza. Appare quindi di particolare interesse isolare nel panorama dell'architettura romana gli anni della guerra, sia per cogliere i temi che preludono ed innescano il processo di trasformazione, sia per individuare i fili della continuità che connettono l'architettura del fascismo a quella della democrazia. Infatti, nei primi anni di guerra, mentre si lavora ai cantieri dell’E42 e l’attività edilizia procede con ritmi quasi normali, viene messa a punto, da un gruppo diretto da Marcello Piacentini, una Variante generale al Piano regolatore nota con il nome di “Variante Generale del 1942” che, sebbene non sia mai divenuta legge e sia stata subito accantonata dopo gli eventi bellici, ha fortemente condizionato lo sviluppo della città nel dopoguerra.
L'architettura ha sempre fornito alla società uno strumento formidabile per autorappresentarsi. Per questo, nel parlare di architettura e di città è sempre importante analizzare le connessioni che esse hanno con gli avvenimenti politici e con le trasformazioni sociali: in una parola, con la storia. In una ricerca che intende esaminare un periodo così particolare, cercare di spiegare i modi di manifestarsi dell'architettura senza coniugarli con i tragici accadimenti che hanno marcato in quegli anni la nostra città potrebbe risultare metodologicamente errato perché si rischia di ragionare in astratto e di analizzare solo l'apparenza delle cose. Senza lasciarsi trasportare da un facile determinismo, appare però necessario porre in relazione gli uni con gli altri poiché è la specificità delle condizioni a richiedere un metodo di analisi che non può prescindere da questo genere di intrecci.
Con l’occasione, saranno illustrati i risultati del lavoro svolto sull’argomento dai componenti del QART - il Laboratorio per lo studio di Roma contemporanea del Dipartimento di Progettazione Architettonica, Urbana del Paesaggio e degli Interni - che da più di un anno ha posto questo tema al centro delle sue ricerche.
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