Pile

Batteria di pile

Gabinetto Fisico della Sapienza di Roma, 1860 ca.; 27 x 27 x 9

Le pile a tazza realizzano una diversa disposizione della pila di Volta in cui gli elementi della pila (celle), riempite di elettrolita, vengono alloggiati in serie all'interno di una cassetta di legno. In ogni cella sono immersi due elettrodi, per esempio di rame e di zinco, e gli elettrodi di due celle adiacenti, di diverso metallo, sono connessi tra loro mediante un filo di rame. 

Nella cassetta quadrata, sorretta da piedini di ottone, si trova una griglia di sostegno, in ottone, con 100 fori dove sono inserite altrettante provette di vetro (tazze o celle). Una soluzione di acqua e acido solforico fungeva da elettrolita. Degli elettrodi rimangono solo delle astine di metallo collegate da un filo di rame. Le provette erano fissate con paraffina, ora mancante. Alle due estremità della cassetta si trovano i due poli della batteria, in ottone. 

Le cassette rettangolari, a destra, alloggiano 20 celle.

 

Pila a secco

Teatro  Fisico della Sapienza di Roma, 1816; 23x3x3

 La pila di Zamboni è molto simile alla pila a colonna di Volta ma in luogo dei dischi metallici di rame e zinco presenta dei dischi di carta di due tipi, detti d'oro e d'argento, i primi di rame, i secondi di una lega di stagno e zinco. Poiché la carta a contatto dell'aria si inumidisce, non è necessario alternare alle coppie metalliche i dischi imbevuti di acqua acidulata. I dischi sono infilati in un'asta centrale di alluminio che termina con un gancio.La pila è in grado di erogare corrente di bassa intensità; offre tuttavia il vantaggio di una durata sensibile grazie alla possibilità di impilare un numero altissimo di dischi di piccolo spessore. 

La pila a secco veniva utilizzata quasi esclusivamente nell'elettrometro di Bohnenberger o nel cosiddetto moto perpetuo di Zamboni. L'esemplare mostrato, dotato di custodia, è  stato costruito da Zamboni e donato all'Istituto di Fisica di Roma.

 

Pila di Grenet

 

Tecnomasio, Milano; 1880 ca.; 10 x 10 x 12

Elemento di pila Leclanché; 1880 ca.; 7 x 7 x 24

 

Ogni coppia della pila era in origine costituita da acqua acidulata, zinco e carbone. Grenet evita il deposito di idrogeno sul carbone convogliando sulla sua superficie una corrente d'aria; Poggendorff aggiunge poi nella soluzione acida (100 parti d'acqua e 27 di acido solforico) bicromatico potassico (17 parti), che provoca così la formazione di acido cromico. Le due lastre di carbone sono saldate nel tappo di bachelite che chiude la bottiglia e comunicano con un morsetto. L'elettrodo di zinco, comunicante con un secondo morsetto, può scorrere verticalmente ed essere immerso nella soluzione durante il funzionamento della pila. L'aria può essere immessa sulle estremità inferiori del carbone attraverso un tubo di vetro, allo scopo di ridurre la polarizzazione dei carboni e il deposito di ossido di cromo. 

Accanto alla pila Grenet vi è un elemento di pila Leclanché. La pila Leclanché è costituita da un vaso di vetro in cui si trova un pezzo di zinco (elettrodo negativo o catodo) e un vaso poroso (qui mostrato), all'esterno del quale si versava una soluzione di cloruro di ammonio. All'interno del vaso poroso, fissato con mastice, si trova un cilindro di carbone (anodo) e un miscuglio di perossido di manganese e di carbone, entrambi in grani. Il vaso poroso chiude parzialmente il vaso di vetro per impedire la fuoriuscita di vapori ammoniacali. Una lastra di piombo collegava il carbone di una coppia con lo zinco della successiva.

(M. Grazia Ianniello)