Storia Museo dell'Arte Classica
Il “Museo dei Gessi” della Sapienza fu fondato da Emanuel Löwy, che sin dalla sua nomina a professore di Storia dell’arte antica nel 1889/1890 si adoperò per creare una raccolta di calchi sul modello delle gipsoteche universitarie che in Europa – soprattutto in Germania – erano sorte come indispensabili strumenti didattici e di ricerca. Il primo nucleo del Museo, progressivamente accresciuto grazie a Löwy, che lo diresse sino al 1915, fu allestito in alcuni locali di via Luca della Robbia a Testaccio. Nel 1924 fu trasferito presso l’Istituto S. Michele, ma gli spazi si dimostrarono presto inadeguati all’entità del patrimonio museale in costante aumento, come divenne evidente durante la direzione di Giulio Emanuele Rizzo. Alcuni anni dopo, con la costruzione della nuova Città Universitaria, la raccolta trovò una nuova e più adatta collocazione negli ambienti del seminterrato dell’edificio destinato alla Facoltà di Lettere e Filosofia, gli stessi che ancora occupa, progettati da Gaetano Rapisardi. Il Museo assunse da allora la denominazione di Museo dell’Arte Classica.
L’esposizione dei calchi nella nuova sede, allestita nell’estate del 1935, seguì il criterio di un ordine cronologico tradizionale, sempre mantenuto dai successivi direttori, tra cui ricordiamo in particolare Giulio Quirino Giglioli, Giovanni Becatti, Sandro Stucchi, e fu conservato anche dopo l’ampio intervento di restauro e rinnovamento realizzato tra il 1996 e il 2000, durante la direzione di Andrea Carandini.
Tra le più recenti acquisizioni vi è il “Giovane di Mozia” (rinvenuto nel 1979), che rappresenta uno dei primi esempi di riproduzione sulla base di un modello digitale ottenuto nel 2004 attraverso la scansione laser dell’originale. Risale al 2015, invece, la donazione da parte della Fondazione Prada delle copie dei frammenti del gruppo dei Tirannicidi di Baia ottenute, dopo la scansione laser degli originali, con una stampante in 3D da parte dell’ITABC.