MuMe | Proposta di allestimento per la sostenibilità del settore conciario
Il termine cuio (o pelle) identifica la categoria di prodotti ottenuti dalla trasformazione della pelle animale. L'utilizzo di tali termini è codificato dal recente decreto legilasltivo 68/2020 che definisce "cuio" e "pelle" per indicare la pelle o il pellame di un animale che ha conservato la sua struttura fibrosa originaria più o meno intatta, conciata in modo che non marcisca.
La pelle, per le sue caratteristiche visive, tattili e di durevolezza è divenuta elemento caratterizzante dell'industria della moda, per confezionare calzature, giacche, accessori, fino ad espandersi a nuovi settori quali l'automotive e l'arredamento.
Le lavorazione conciaria genera ogni anno più di 2 miliardi di m2 di prodotto finito (pelle o cuoio), con un valore di mercato pari a circa 50 miliardi di dollari. Circa 500.000 persone lavorano in questo settore a livello globale; il 60% della produzione è concentrata nei Paesi in via di sviluppo e più del 50% della produzione è incentrata nel settore calzaturiero.
AL MUSEO DI MERCEOLOGIA
Fino all'anno 2019 il settore del museo dedicato alle pelli e ai suoi prodotti raccontava al pubblico di visitatori un percorso di economia lineare che partendo dalla materia prima arrivava fino al prodotto finito pronto per essere commercializzato.
L'ECONOMIA DELLA PELLE SOLO APPARENTEMENTE CIRCOLARE
E’ interessante sottolineare il fatto che la produzione di pelli parta proprio dall'utilizzo di uno scarto proveniente da un altro processo. In questo senso, è possibile considerare questa produzione come uno dei primi casi di Economia Circolare.
Basti pensare all’uomo preistorico, il quale utilizzava ogni parte dell’animale per la propria sopravvivenza: per nutrirsi, per creare oggetti in osso e per scaldarsi, appunto, con le pelli.
Ancora oggi, la pelle creata dall’industria conciaria proviene dall’industria alimentare. Le principali fonti di materia prima per l'industria conciaria mondiale sono bovini, ovini e suini allevati per la produzione di carne, lana e prodotti lattiero-caseari.
L'utilizzo di altre specie di animali allevati appositamente per la produzione di pelle è un evento raro e rappresenta meno dell'1% delle produzione mondiale di pelle.
Questo circolo del materiale permette agli allevatori non solo di diversificare le fonti di profitto, nonostante la pelle rappresenti solo il 5-10% del valore totale dell’animale, ma anche di dare nuova vita allo scarto, evitando il problema ambientale legato al suo smaltimento. Il rifiuto, quindi, è una nuova materia prima, una risorsa che può essere sfruttata per una nuova produzione.
I processi conciari ai quali devono essere sottoposte le pelli, per alterare la consistenza delle pelli (altrimenti impossibile la loro lavorazione), per renderele più durevoli, per fornire loro i caratteristici aspetto e morbidezza, sono quelli che maggiormente impattano sull'ambiente. Cio' avviene per l'elevato consumo di acqua e per l'utilizzo di alcune sostanze chimiche.
Il processo di concia convenzionale utilizza fra i 1500 e i 2000 litri di acqua per metro quadrato di pelle. In Italia le aziende sono dotate di acquedotti industriali in grado di recuperare l'acqua e di evitare che i reflui di lavorazione finiscano nella falda, ma non è così nei Paesi in via di sviluppo, dove si concentra una percentuale notevole della produzione mondiale. Inoltre nei trattamenti di concia convenzionali vengono utlizzati sali di cromo, fenoli e tannini noti per la produzione di elevati volumi di inquinamento attreverso gli scarichi proprio delle acque reflue.
In particolare la concia al cromo è stata introdotta nel 1884 determinando un notevole abbassamento dei costi e dei tempi di lavorazione che fino ad allora caratterizzavano processi di concia vegetale di tipo artigianale.
Il problema principale dell’industria conciaria, che non permette di considerarla come esempio virtuoso di Economia Circolare, è, da una parte, il rilascio di resine e di sostanze grasse ed oleose, e, dall’altra parte, l’utilizzo, nella fase di lavorazione e di concia, di alcune sostanze chimiche, altamente inquinanti e di difficile smaltimento, come il cromo.
In particolare, si è notato come questa fase di lavorazione delle pelli riguardi soprattutto suolo e risorse idriche, avendo di conseguenza un forte impatto sui sistemi naturali, come l’eutrofizzazione acquatica, sugli animali e sull’uomo.
PROGETTAZIONE DEL NUOVO ALLESTIMENTO AL MuMe
Tra i nuovi percorsi espositivi che il nuovo museo di merceologia (MuMe) proporrà al suo pubblico ci sarà quello dedicato all’economia circolare applicata al trattamento del cuio e delle pelli.
Facendo propri gli obiettivi dell'AGENDA 2030, il MuMe si propone di illustrare attraverso un nuovo percorso espositivo dedicato al cuio e alle pelli i vari processi in un'ottica di economia circolare.
L' AGENDA 2030
Nel 2015, le Nazioni Unite (ONU) hanno approvato i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell'Agenda 2030.
In merito alla lavorazione delle pelli le industrie conciarie dovranno perseguire, in particolare, i seguenti due obiettivi:
Obiettivo 6: Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell'acqua e delle strutture igienico sanitarie 6.3 Entro il 2030, migliorare la qualità dell'acqua riducendo l'inquinamento, eliminando le pratiche di scarico non controllato e riducendo al minimo il rilascio di sostanze chimiche e materiali pericolosi, dimezzare la percentuale di acque reflue non trattate e aumentare sostanzialmente il riciclaggio e il riutilizzo sicuro a livello globale. 6.6.a Entro il 2030 ampliare la cooperazione internazionale e la creazione di capacità di supporto a sostegno dei Paesi in via di svilippo in materia di acqua e servizi igioenico-sanitari lagati, tra cui i sistemi di raccolta dell'acqua, la desalinizzazione, l'efficienza idrica, il trattamento delle acque reflue, le tecnologie per il riciclo e il riutilizzo. |
Obiettivo 12: Garantire modelli sostenibili di produzione e consumo. 12.4 Entro il 202. ottenere la gestione ecocompatibile di sostanze chimiche e di tutti i rifiuti in tutto il loro ciclo di vita, in accordo con i quadri internazionali concordati, e ridurre significativamente il loro rilascio in aria, acqua e suolo, al fine di minimizzare i loro effetti negativi sulla salute umane e l'ambiente. 12.5 Entro il 2030, ridurre in modo sostanzialr la produzione di rifiuti attraverso la prevenzione, la riduzione, il riciclaggio e il riutilizzo. |
I 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 mirano a favorire la transizione verso l’Economia Circolare (EC), ovvero, un modello economico auto-rigenerante in cui i rifiuti non vengono smaltiti nelle discariche, ma diventano un input per un nuovo processo produttivo. In questo modo, il ciclo vita di un materiale o di un prodotto si allunga e la domanda di nuove materie prime vergini diminuisce, permettendo il ripristino dei sistemi naturali.
Per questi motivi, quindi, l’industria conciaria, insieme a quella tessile e della moda, ha l’urgente necessità di trovare nuove tecnologie e soluzioni ecologicamente compatibili e sostenibili nel lungo periodo, anche da un punto di vista sociale ed economico. Basti pensare che l’industria della moda è la seconda industria più inquinante (la prima è il petrolio), mentre quella della conceria è stata classificata dalla Banca Mondiale alla nona posizione.
Negli ultimi anni, proprio a seguito agli alti livelli di inquinamento che sono stati raggiunti a livello globale, sono state sviluppate tecnologie di produzione e nuovi materiali di origine vegetale, che potrebbero sostituire la pelle animale, o diminuirne la produzione.
LE NUOVE TECNOLOGIE
Tra le nuove tecnologie conciarie, che possono essere definite green, l’uso dei tannini di origine vegetale è sicuramente una delle più promettenti, sia da un punto di vista ambientale che economico. I tannini sono strutture fenoliche, largamente utilizzati durante il processo di concia. Generalmente, il tannino più utilizzato è il cromo, altamente inquinante e cancerogeno.
I tannini di origine vegetale, invece, posso essere ricavati da piante come la mimosa (Acacia marnsii), il quebracho (Schinopsis lorentzii), il castagno (Castanea sativa), la tara (Caesalpinia spinosa), il chebulico (Terminalia chebula), e da tante altre piante e arbusti.
Acacia marnsii | Terminalia chebula | Castanea sativa | Caesalpinia spinosa | Schinopsis lorentzii |
E’ importante sottolineare il fatto che ogni tipo di pelle grezza di origine animale deve essere trattata con la sostanza che maggiormente ne esalta le caratteristiche, in termini di qualità, composizione chimica e prestazioni.
A questo proposito, ad esempio, è stata studiata, con risultati soddisfacenti, la capacità del tannino estratto dalle bucce di banana ( quindi, tannino di origine vegetale proveniente da uno scarto alimentare) per il trattamento della pelle grezza di coniglio.
LE NUOVE PELLI
Negli ultimi anni si è assistito, invece, anche ad un altro fenomeno che crea un’alternativa all’industria conciaria, ovvero la produzioni di pelle di origine vegetale, come ad esempio DESSERTOR (dalla pianta del cactus); ma anche pelli create da scarti alimentari vegetali, come PinatexR (dagli scarti di ananas), PELLEMELAR (dagli scarti delle mele), e WINE LEATHERR (creata dalle vinacce, ovvero, il complesso delle parti solide dell’uva, quali bucce e vinaccioli, in presenza o meno del raspo).