Per la città di Roma Mario Ridolfi urbanista 1944-1954

 
 
di Piero Ostilio Rossi
DIAP PRINT / TEORIE 1
Quodlibet, Macerata 2014
 
 
Alla fine della seconda guerra mondiale Mario Ridolfi, come altri architetti che negli anni precedenti si erano dedicati soprattutto alla scala architettonica del progetto, ritenne necessario occuparsi dei problemi relativi alla dimensione della città e del suo disegno complessivo. In quel momento, l’urgenza delle questioni urbane prevalse sui temi di natura architettonica (o per lo meno le prime assunsero un peso paragonabile ai secondi) e l’urbanistica tornò ad essere occasione di elaborazione culturale e di confronto politico.
L’annullamento della dialettica democratica nella gestione delle politiche urbane durante i vent’anni del fascismo, le distruzioni provocate dai bombardamenti aerei e dall’essere stato il nostro Paese teatro di battaglie tra eserciti combattenti e di una guerra partigiana avevano infatti generato un groviglio di problemi estremamente complesso per affrontare il quale né i professionisti, né i dipendenti delle amministrazioni pubbliche apparivano adeguatamente attrezzati. Il Ridolfi urbanista richiamato nel titolo è quindi il Ridolfi meno noto, quello che nei dieci anni che vanno dal 1944 al 1954 – dalla fine della guerra al progetto delle torri di viale Etiopia – è impegnato a progettare, prima come architetto-urbanista e poi in sede politica, il futuro assetto della sua città.