Una visita alla villa Petacci del generale Giacomo Carboni, 15 luglio 1943

 
da: R. De Felice, Mussolini l'alleato, I, vol. 2, L'Italia in guerra (1940-43). Crisi e agonia del Regime, Einaudi, Torino 1996, Appendice, pp.1536-37.

Rapporto sulle uItime vicende della relazione tra Mussolini e la Petacci trasmesso, dopo la liberazione di Roma, dal generale Giacomo Carboni all'OSS

 
… La Petacci mi apparve come un esserino insignificante, con un naso all'insú, due occhi piccoIi neri vispi, il viso pallido e senza trucco, le labbra sottili. Aveva un cappello bianco eccentrico che la sorella, l'attrice Miriam di S. Servolo, aveva tentato di lanciare nel suo primo film; sulle spalle due vistose magnifiche volpi argentate…
 
Quando il I4 luglio seppi dallo stesso Donadio che la Petacci era stata - per la terza volta - scacciata da Palazzo Venezia, insistetti affinché mi accompagnasse da lei, come mi aveva promesso. Annunciato per telefono, ottenni un appuntamento alla Camilluccia per l'indomani a mezzogiorno…
 
Alle ore 12 del 15 luglio mi recai alla Camilluccia.
La domestica, Ersilia, riuscì a stento a spingere uno dei grandiosi cristalli scorrevoli che, su tutta la facciata della villa, facevano assumere all'immobile l'aspetto di una grande scatola su una sbarra di ghiaccio.
Fui introdotto in un vastissimo salone con porte di cristallo, grandi quanto le pareti e con finestre che, come per l'ingresso, formavano un tutto unico di cristalli da uno spigolo all'altro del muro. Una ventina di soffici poltrone. Un pianoforte a coda ed una arpa in un angolo. Contro il muro un quadro bruttissimo di una brutta bambina. Un muro affrescato divideva il salone da un salotto con caminetto e divano lunghissimo con cuscini di piuma. Sulla destra una grande porta di legno. Tutti i pavimenti in marmo.
L'attesa fu lunga, tanto lunga che, trovandomi soIo, mi avventurai per la parte di destra. Mi trovai in una camera da letto principesca. Ogni parete era ricoperta di specchi; anche al soffitto doveva esserci stato uno specchio che poi era stato staccato, probabilmente per desiderio dell'eccezionale amante! I mobili rosa; il letto basso su una base di legno scuro, era ricoperto di veli rosa e di coperte finissime imbottite di piuma. Un ambiente da film americano, ma di evidente cattivo gusto. Capii di trovarmi nell'alcova.
Spingendo una porta di specchio, mi trovai in una saIa da bagno tutta in marmo nero. Al centro una piscina a livello decorata con mosaici. Un muretto di separazione celava il gabinetto pure in marmo nero. Luci in tutti gli angoli. In un angolo della piscina una presa per il telefono.
Uno sfarzo da nuovi ricchi!
Alle ore 13 circa la domestica mi venne a chiamare e mi condusse lungo un ponte rivestito di tappeti (in quella casa non si notavano scale, ma ponti lunghissimi per evitare la fatica di salire gradini) fino al piano superiore in una sala da pranzo ove feci un'altra anticamera. Anche qui passai il tempo ad osservare i lussuosi mobili e mi spinsi fin sulla terrazza che dava sulla grande piscina esterna; sulla terrazza v'erano degli attrezzi da ginnastica.
Alle ore 13,15 venivo finalmente ricevuto dalla Petacci nella sua camera da letto privata. Un grande letto con coperte di seta e biancheria finissima; un comodino su cui v'era una grande fotografia di Mussolini a colori; un armadietto con un gran quantitativo di medicine (la Petacci mi confidò poi di essere afflitta da molti mali immaginari); una libreria; una toletta.
In vestaglia molto scollacciata, che le scopriva una parte del seno, la Petacci mi invitò a sedere sul letto ove ella stessa sedeva. La madre, un donnone, stava in un angolo, sfogliando corrispondenza che ammucchiava in [un] cassetto. Si trattava di suppliche di cui alcune recavano l'indirizzo "all'Eccellenza Petacci Clara". La Petacci inviava poi, per evasione, le suppliche a Buffarini e a De Cesari…

 

Il dott. Francesco Saverio Petacci e sua figlia Myriam percorrono la grande rampa centrale durante le prove che precedono il matrimonio