I reperti numismatici

Monete e commercio a Cencelle tra XII e XIV secolo

I reperti numismatici rinvenuti dai settori I e II di Cencelle, aree a vocazione abitativa e artigianale, sono in tutto 41. Le monete, tutte in metallo vile (bronzo, mistura e rame), coprono un arco cronologico molto ampio, dalla fine del II secolo a.C. al 1921 (10 centesimi di Vittorio Emanuele III).

 

Le monete

La maggior parte dei ritrovamenti monetali d’epoca medievale si concentra nel periodo che va dai primi anni del XII secolo (4 denari lucchesi di Enrico IV o V di Franconia;)  alla fine del XIV secolo (2 sestini della zecca di Perugia). Otto le zecche rappresentate pertinenti a officine della Toscana (Lucca e Firenze), delle Marche (Ancona e Macerata), dell’Umbria (Perugia) e naturalmente del Lazio (Montefiascone, Roma e Viterbo).

L’analisi delle monete consente di dedurre importanti dati sui rapporti economici di Cencelle: nel 1220 il Comune per pagare i debiti contratti con usurai di Corneto (odierna Tarquinia) fu costretto a fare atto di sottomissione a Viterbo; nel 1223 papa Onorio III riscattò la città. Il ritorno della città sotto il dominio della Chiesa romana è documentato da una consistente presenza di denari pontifici: 15 esemplari su 27 recuperati sono databili tra la metà del XIII alla fine del XIV secolo. Si tratta della moneta divisionale coniata dai pontefici nelle zecche del Patrimonio di San Pietro: Viterbo e Montefiascone. Queste officine, analogamente a quanto accadeva nel resto della Penisola, erano state aperte nel Lazio per porre fine alla carenza di moneta che rendeva difficoltosi gli scambi commerciali.

 

Il commercio

Le monete recuperate a Cencelle portano un contributo notevole alla conoscenza della circolazione monetaria della Tuscia romana nel XIII e in particolare nel XIV secolo. Due i punti degni di rilievo: l’assenza di moneta romana trecentesca e una doppia circolazione territoriale di moneta locale e straniera.

Con la morte di Benedetto XII nel 1342 l’officina di Montefiascone, l’unica nella Tuscia romana a produrre moneta divisionaria minuta, venne chiusa. Al numerario in circolazione si affiancò, probabilmente con valore equiparato o proporzionale, un flusso di monete di zecche fuori regione quali quelle di Firenze (quattrini da danari quattro), Lucca (piccioli con il Volto Santo), Macerata (danari piccioli), Napoli (danari ghirardini) e Perugia (denari piccioli e sestini), flusso che supportò, integrandolo, il numerario locale talvolta insufficiente a coprire il fabbisogno del mercato.

Confrontando i dati numismatici di Cencelle con il panorama dei rinvenimenti del territorio di Civitavecchia si potrebbe ipotizzare che la Tuscia romana, nel XIV secolo, più che in direzione di Roma gravitasse verso il mercato monetario toscano come dimostrerebbe il prevalere di monete di zecche toscane recuperate in questa parte della regione. Inoltre la presenza di monete umbre o marchigiane potrebbe essere messa in relazione con gli arrivi stagionali delle greggi transumanti dagli Appennini.

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