Vetrina 26 - Napata

Napata e la Nubia meroitica (III secolo a.C. - III secolo d.C.)

La civiltà di Meroe, dal nome della capitale del regno della Nubia tra III secolo a.C. e III secolo d.C., prendendo le mosse da quella di Napata e dai profondi legami culturali con l'Egitto faraonico, mostra una grande capacità di recepire stimoli anche lontani provenienti dal mondo persiano ed ellenistico-romano, reinterpretati in chiave africana. La scrittura meroitica è ispirata a quella egizia, ma adotta un alfabeto derivato dalle forme di scrittura dell'Egitto achemenide, in forma iconica (simile a geroglifici) e aniconica (in analogia con il demotico), come esemplificato dalla stele in esposizione.

L'arte di Meroe è contraddistinta da nuovi temi e da uno stile figurativo accentuato, che si manifesta nell'oreficeria, nella pittura e anche nella raffinata ceramica decorata. Nell'ambito religioso, accanto ai culti egizi di Amon, Iside ed Osiride, erano molto adorate divinità locali, come il dio-leone Apedemak.

Il Palazzo di Natakamani (I secolo d.C.)
Negli ultimi decenni del secolo scorso la Sapienza ha scavato il Palazzo del sovrano meroitico Natakamani al Jebel Barkal, dove, ai piedi della montagna che domina la sponda del Nilo, si trovava un complesso regale, costituito da palazzi e templi.

Natakamani fu un contemporaneo dell'imperatore Tiberio, le cui attività edilizie si svolsero dopo che l'esercito romano, guidato da Caio Petronio nel 23/22 a.C., aveva devastato la regione.

Gli interventi di Natakamani si osservano, oltre che nel grande Tempio di Amon, nel palazzo cerimoniale a pianta quadrata costruito su un'alta piattaforma che ricoprì costruzioni anteriori, probabilmente collegate allo stesso tempio. L'edificio era riccamente decorato. I muri esterni erano movimentati da elementi sporgenti e vivacemente colorati, alternati a rivestimenti in oro, mentre i passaggi e gli spazi interni erano impreziositi da elementi architettonici e arredi: colonne con capitelli a campana, architravi decorati con il disco solare alato, formelle policrome. Coppie di statue di leoni erano poste a custodia della scalinata d'accesso.

I ritrovamenti effettuati nel palazzo, come cretule con impronte e stampi per la cottura di pani rituali, hanno rivelato le funzioni dei diversi settori dell'edificio, che, dopo l'abbandono, gli agenti atmosferici hanno trasformato in una duna sabbiosa

© Università degli Studi di Roma "La Sapienza" - Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma