Colore natura e bellezza | i Musei Sapienza si mostrano

Il colore è un'invenzione della natura. Questo piccolo percorso museale vuole raccontare una delle storie più affascinanti attraverso alcuni oggetti del nostro patrimonio.
Rocce e minerali assunsero colori sorprendenti nella fucina straordinaria del ventre della Terra, che si rivestì del verde delle prime piante. Il desiderio di vita nelle prime foreste spinse le piante durante il pleistocene a produrre i fiori colorati così da attirare gli animali impollinatori.
Piante e terre colorate sono state utilizzate fin dai primordi dall'umanità che le ha utilizzate per i suoi "tatuaggi", ornamenti e, soprattutto, per raccontare il proprio mondo anche nella preistoria con le immagini di animali e scene di caccia delle grotte dipinte.
Nel Neolitico a Gerico si decorava con ocra e cinabro una testa di statua considerata tra le più antiche rappresentazioni di divinità del Vicino Oriente. Il colore impreziosisce gli abiti e rende più attraenti i volti che insieme agli altri artifici naturali quali i profumi sono parte del “mundus muliebris”; colori e ornamenti per una bellezza (che è) promessa di futuro.
La ricerca di colori sempre più stabili e duraturi conosce un nuovo inizio con il blu egizio, ottenuto con processi chimici complessi già nel mondo antico, e che nel nome ricorda i primi che riuscirono a ricavarlo. Un colore che, insieme a tanti altri creati dall'uomo, ha caratterizzato la successiva storia dell’umanità e dell’arte.
 
 
 

Il colore nei minerali

Rosso, blu, verde, rosa, viola, arancione, giallo…

I minerali possono essere molto colorati! In alcuni casi possiamo anche usare il colore per identificare un minerale.Esistono minerali che sono caratterizzati sempre dello stesso colore. Ad esempio, lamalachite è sempre verde e l'azzurrite è sempre blu: infatti, il nome "azzurrite" deriva da un'antica parola persiana "lazhward", che significa blu. Ma molti minerali non hanno sempre lo stesso colore. Il quarzo, la fluorite, le tormaline possono avere tutti i colori e le tonalità possibili. I diversi colori sono causati da leggere imperfezioni o impurità che si ripetono in maniera sistematica e regolare nel reticolo cristallino di un minerale.

Sembra incredibile che proprio il più grande genio del colore di tutti i tempi, Vincent Van Gogh, abbia detto: “Le leggi dei colori sono inesprimibilmente belle, proprio perché non sono dovute al caso”. Mirabolante come senza volerlo, Van Gogh avesse scoperto il modo in cui la Natura, in maniera sistematica e regolare, ci abbia regalato tutti i colori attraverso gli oggetti più perfetti che si trovano: i minerali. In natura, la luce crea il colore. Nella pittura, il colore crea la luce. I minerali uniscono Natura e pittura.

Non sorprende dunque che l’Uomo da sempre abbia utilizzato i minerali e i loro colori.I pigmenti minerali, estratti da rocce e minerali, trovano impiego in numerosi settori. Vengono utilizzati per colorare vernici, tinture tessili, cosmetici e persino cibo. La loro stabilità e durabilità li rendono ideali per applicazioni in cui il colore deve rimanere intatto nel tempo.

E allora godetevi l’esposizione di colori dei minerali del MUST, il museo Universitario di Scienze della Terra di Sapienza Università di Roma: il giallo caldo delle nostre isole che viene sprigionato dallo zolfo siciliano e dalla smithsonite sarda; il verde della malachite congolese e l’azzurro della celestina malgascia; il viola dell’ametista brasiliana e l’arcobaleno di colori iridescenti nel quarzo alpino; per finire con l’intenso rosso del cinabro toscano.

Non esistono arcobaleni in grado di reggere il confronto con la varietà e la bellezza dei colori che assumono i minerali.

Michele Macrì

 

 

Il colore e l'umanità

La sezione evoca il rapporto che gli uomini e le donne del mondo antico hanno avuto con i colori dalla preistoria alle civiltà più complesse e organizzate fino alla piena età storica e alla fine del I millennio a.C. La capacità di osservare quanto la Natura offriva e la fortissima attrattiva che i colori hanno esercitato da sempre agli occhi della specie umana l’ha spinta, in tutte le latitudini, a dipingere il mondo che abitava.

Il corpo, i rifugi, le ampie caverne comuni a più individui, le tenere rocce calcaree e più tardi le proprie abitazioni, dalla capanna alle ville romane, sono stati concepiti come una tela da decorare come espressione del proprio mondo interiore ed esteriore. Sono colorate, dapprima con poche tonalità ricavate dalle terre, le prime rappresentazioni a figura umana delle divinità e successivamente le decorazioni - dipinte, a rilievo o a tuttotondo - dei templi e di altri edifici pubblici, realizzati sia in marmo che in terracotta e definiti con pitture a forti tinte che oggi disturberebbero il nostro senso estetico.

La riproduzione della testa di statua della dea Astarte del museo del Vicino Oriente, Egitto e Mediterraneo è un’efficace rappresentazione dell’attenzione posta alla decorazione di queste sculture sacre.

Il colore impreziosisce gli abiti e rende più attraenti i volti che insieme agli altri artifici naturali quali i profumi sono parte del mundus muliebris, colori e ornamenti per una bellezza (che è) promessa di futuro.Per le società antiche, infatti, l’atto più significativo della vita umana è legato al raggiungimento della sua maturità e dello stato matrimoniale, fondamento che assicurava alle famiglie aristocratiche e alle città la discendenza e la propria crescita sociale.

Tra i manufatti più diffusi, restituiti dai corredi funebri femminili, sono quelli destinati alla cura del corpo, con belletti ricavati dalle terre colorate e strumenti per il trucco di raffinata manifattura, tutti dedicati alla fase di passaggio cruciale della vita delle fanciulle che si preparavano alle nozze. Ne sono testimonianza i reperti originali del museo delle Antichità etrusche e italiche qui presentati e in particolare la testa di statua femminile di nubenda, caratterizzata da un taglio tipico e netto dei capelli tipico delle giovani in procinto di matrimonio e offerta in un’area sacra per chiedere protezione alla divinità in questa fondamentale tappa dell’esistenza umana.

Claudia Carlucci

 

La chimica dei blu

Ad un primo sguardo, chimica e arte sembrano appartenere a due mondi distanti e impossibili da mettere insieme. Raramente si associano chimica e pittura, chimica e arte. Se si pensa ad un quadro ci giungono alla mente infiniti esempi di opere celebri e meno celebri, se pensiamo alla chimica la associamo a laboratori, alla ricerca scientifica e tecnologica, al mondo dell’industria che produce farmaci, materie plastiche e altre sostanze che solo apparentemente non hanno a che fare con l’arte.

A metà degli anni ’60 del XX secolo Ernst Gombrich nel suo libro Arte e illusione affermava che “l’arte è del tutto diversa dalla scienza”. Più tardi invece, Philip Ball nel suo saggio Colore. Una biografia rispose che l’affermazione di Gombrich denotava poca dimestichezza con il metodo scientifico. Il modo di procedere degli scienziati si basa proprio sul fatto che ogni nuova scoperta introduce una contraddizione nelle conoscenze precedenti, aprendo così la strada a nuovi filoni di indagine. Non potremmo oggi ammirare le opere dei maestri di ogni tempo come Giotto, Caravaggio, Picasso, gli impressionisti, se essi non si fossero serviti di particolari sostanze create, anche se spesso in modo non consapevole, grazie alla chimica, o frutto della manipolazione dei minerali più o meno rari. 

Da sempre arte e scienza si sono rincorse vicendevolmente, tra limitatezza di materie prime e spinta a trovare nuove risorse per soddisfare la creatività in ogni sua forma.Quello che viene mostrato in questa piccola esposizione sono alcuni esemplari di coloranti e pigmenti naturali e sintetici di colore blu. “Vista dalla spazio, la terra è azzurra” così diceva Jurij Gagarin nel 1961, ma contrariamente a quanto si potrebbe pensare, ottenere sfumature di colori utilizzati nella pittura che dall’azzurro arrivano fino al blu intenso non è stato mai semplice.  Dall’affascinante storia del pigmento del blu egizio sintetizzato dal popolo dei Faraoni nella loro lunga epopea, vi racconteremo le storie del guado e dell’indaco, due coloranti naturali che hanno segnato la storia degli scambi commerciali e culturali tra l’antica Europa e l’Oriente.

La svolta decisiva nel mondo dei coloranti si ebbe a metà del XIX secolo grazie alla scoperta di un giovane chimico, William H. Perkin, che per la prima volta sintetizzò il primo colore artificiale che diede l’avvio all’industria chimica dei coloranti con innumerevoli colori dalle infinite tonalità e sfumature che colorano il mondo che ci circonda.

Darica Paradiso


 

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