L'Università La Sapienza di Roma
Lo Studium Urbis fu fondato nel 1303 con bolla istituzionale In Supremae da Bonifacio VIII (1294 - 1303). Prima dell'istituzione dello "studio bonifaciano", gli istituti di istruzione superiore a Roma erano esclusivamente rivolti al clero urbano. Tra questi, la Scuola capitolare Lateranense, a indirizzo teologico e giuridico, destinata alla formazione dei quadri direttivi del governo ecclesiastico; la Universitas Romanae Curiae, istituita a Lione da Innocenzo IV (1243 - 1254) intorno al 1245, aperta agli impiegati della curia, e che, senza sede stabile a Roma, seguiva la corte papale ubicumque Romanam Curiam residere contigerit a causa di eventi religiosi o politici; gli Studi Generali in teologia, tenuti dalla seconda metà del secolo XIII dagli Ordini mendicanti e riservata ai confratelli. Mancava così un centro di studi superiori aperto alla cittadinanza romana e destinato a formare la futura classe dirigente.
L'università municipale di Roma, con sede vicino alla chiesa di Sant' Eustachio, comprendeva tutte le facoltà con una forte presenza degli studi giuridici. Nacque come istituzione laica ma subì inevitabilmente le ingerenze del papato e di questo seguì le sorti. Lo Studium Urbis risentì inoltre, nei suoi primi decenni di vita, del clima turbolento che i moti politici e gli scontri tra le fazioni guelfa e ghibellina provocavano a Roma. Nella seconda metà del 1300, lo Studium, "iam collapsum propter defectum doctorum", fu costretto a ricorrere a docenti non romani di legge, medicina, grammatica e logica, non compromessi nelle lotte politiche e con l'obbligo di risiedere nel rione dell'università, Trastevere, dove era stata trasferita intorno al 1376 la schola di Sant'Eustachio.
Degno di nota l'ordinamento per il Ginnasio romano redatto da Eugenio IV (1431-1447) nel 1433, che provvide a far costruire collegi per gli studenti più poveri e a istituire un consiglio di quattro amministratori ('riformatori') eletti dal Senato e con a capo il "magistrato", con diritto di nomina dei professori altrimenti riservato, come lo sarà nuovamente nella seconda metà del Seicento, al Camerlengo o direttamente al Papa. Lo Studio venne inoltre di nuovo trasferito nel 1431 da Trastevere a Sant' Eustachio. Con Niccolò V (1447-1455), papa mecenate e protettore di studiosi e letterati, il ginnasio attraversò un periodo di rinascimento delle lettere latine e greche, con maestri illustri quali Lorenzo Valla, fondatore della critica filologica, Poggio Bracciolini, il grande letterato greco Crysoloras, il cardinal Bessarione, il poeta Enea Silvio Piccolomini, divenuto papa con il nome di Pio II.
In un periodo di espansione dell'università, Alessandro VI (1492-1503) ne ampliò la sede e i lavori furono proseguiti da Pio VIII (1503) e Giulio II (1503-1513). La Curia reagì con Paolo II che accusò di empietà gli accademici romani e li perseguitò. Solo con Sisto IV, e ancora di più con Leone X (1513-1521), i letterati ritrovarono un clima favorevole e le scuole si ripopolarono.
Sotto il pontificato di Leone X la costruzione del palazzo, che più tardi sarà denominato La Sapienza, ebbe grande impulso. Dopo un periodo di declino sotto Adriano VI (1522-1523) e Clemente VII (1523-1534), si inaugurò un periodo fiorente con Paolo III Farnese (1534-1549), cultore di astronomia e di matematiche, che aprì l'università alla cultura laica, favorì le scienze e l'archeologia. La Biblioteca Vaticana si arricchì di libri, si pubblicarono i classici greci, si moltiplicarono le stamperie, i musei, furono ancora di più coltivate la fisica, la storia naturale, la botanica, e la sperimentazione si diffuse anche in medicina, con caposcuola Eustachi.
Con Giulio III (1550-1555) l'Archiginnasio ottenne di aumentare le rendite con le gabelle sul vino forestiero, con Sisto V (1585-1590) ebbe in dotazione 22.000 scudi per far fronte ai debiti contratti nella costruzione del fabbricato e per completare la facciata, il portico e il portale, e innalzare il campanile della Sapienza. Con Urbano VIII (1623-1644), F. Borromini completò i prospetti del palazzo e costruì la chiesa la cui lanterna fu eretta sotto Innocenzo X (1644-1655). I lavori di rifinitura degli interni furono affrontati durante il pontificato Alessandro VII (1655-1667) nel 1660 e la chiesa fu dedicata a S. Ivo, protettore degli avvocati. Fu in questo periodo che la denominazione "La Sapienza", già in uso da tempo, si consolidò definitivamente per indicare lo Studium Urbis, dalla scritta nel marmo posta all'ingresso dell'edificio Initium sapientiae timor Domini, e anche da quella presente sulla medaglia coniata per ricordare l'inaugurazione del palazzo, avvenuta in modo solenne sotto Alessandro VII nel 1660, Omnis sapientia a Deo.
Nei primi decenni del Seicento, la costituzione dell'Accademia dei Lincei e la scuola dei nuovi filosofi naturali di ispirazione galileana, fecero sentire la loro influenza a Roma. Gli studi matematici fiorirono con B. Castelli, monaco benedettino allievo di Galileo e maestro di Torricelli, Cavalieri e Borelli. La scuola medica dell'università romana poté contare tra i suoi docenti Andrea Cisalpino prima e Giovanni Maria Lancisi più tardi. Venne costruito un teatro anatomico e un orto botanico e l'università fu dotata di una biblioteca grandiosa, la Biblioteca Alessandrina, aperta al pubblico nei locali della Sapienza nel 1670 quando ormai il papa che l'aveva promossa, Alessandro VII, era morto.
Iniziò poi un altro periodo di decadenza per l'ateneo romano, con una diminuzione sensibile degli studenti e un livello sempre più scadente degli insegnanti, aggravato dalla competizione con il Collegio Romano. Solo a metà Settecento, con Benedetto XIV (1740-1758), iniziò un periodo di intense riforme. Il rettore si affrancò dal Camerlengo, furono introdotti i concorsi a cattedra; l'editto del 1748 regolò il numero delle lezioni, i passaggi di cattedra e le carriere dei docenti, vennero stanziati fondi per le attrezzature e i gabinetti scientifici dai redditi della dogana, istituite nove nuove cattedre, una delle quali di matematiche sublimi e l'altra di chimica, la fisica iniziò ad essere insegnata secondo il metodo sperimentale. La riforma benedettina articolò gli studi in tre classi, di giurisprudenza, medicina e arti liberali, portate poi a cinque nel 1778 con l'aggiunta di materie sacre e lingue. Anche fuori dell'ateneo le scienze si svilupparono: si istituirono l'Osservatorio astronomico di Francesco Caetani di Sermoneta (1778), seguito dall'Osservatorio al Collegio Romano per opera di Giuseppe Calandrelli (1787) e il Museo mineralogico al Collegio Nazareno (1792).
Nel 1798 Roma fu occupata dai francesi e Pio VI (1775-1799) fu deportato in Francia. L'anno dopo, la repubblica romana cadde e la città fu occupata dal re di Napoli. L'Archiginnasio venne chiuso nel 1800 e riaperto l'anno dopo da Pio VII (1800-1823). Quando i francesi tornarono a Roma, nel 1808, l'ateneo venne uniformato alle leggi dell'impero, traendo tuttavia giovamento dall'ordinamento più avanzato e illuminato del sistema universitario di oltralpe.
Dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo, Pio VII tornò a Roma e fece riaprire l'Archiginnasio. Durante il suo lungo pontificato, le scienze guadagnarono il Museo mineralogico e di storia naturale (1804) e l'istituzione delle cattedre di mineralogia e di veterinaria (1806), della cattedra di fisica sacra affidata a Feliciano Scarpellini (1816) come prezzo da pagare per l'apertura della Chiesa alle scienze, la costituzione della Scuola di applicazione degli ingegneri (1817).
I tempi per l'università di Roma si fecero duri con la "guerra sacra" sferrata da Leone XII (1823-1829) contro ogni trasformazione politica e sociale. Manomorta e Sant'Uffizio furono di nuovo introdotti, la Compagnia di Gesù fu riabilitata "nell'importante ministerio dell'educazione della gioventù", le università degli Stati Pontifici, compresa La Sapienza, furono soggette a stretto controllo con la bolla Quod divina sapientia (1824). Due anni dopo, con le Ordinationes sacrae congregationis studiorum, si passò a una riforma radicale dell'istruzione superiore: ogni autonomia scomparve e il controllo passò alla Congregazione, costituita da cardinali e prelati con la facoltà di esercitare censura soprattutto nelle scienze. Gregorio XVI (1831-1846) proseguì la linea dura inaugurata da Leone XII, interrotta solo dal triumvirato, costituito da Carlo Armellini, Aurelio Saffi e Giuseppe Mazzini, che nel 1849 proclamò la libertà di insegnamento e la fondazione di atenei nazionali pubblici. Pio IX, con motu proprio L'uniformità di regime (1852) assegnò tuttavia ancora al papa la nomina diretta del rettore dell'università. Durante il suo pontificato fu dato un forte sostegno alle scienze: si inaugurò il Nuovo Museo di Fisica, fu istituito il Gabinetto di anatomia umana, l'Istituto di chimica con annesso un laboratorio, potenziato il Museo di mineralogia e l'Osservatorio del Campidoglio.
Fu solo con la costituzione del governo nazionale che i tempi mutarono per l'università di Roma. Dall'Annuario dell'Università degli Studi di Roma del 1870-71 e dalla relazione dei commissari governativi per il ministero della Pubblica Istruzione Brioschi e Matteucci emerge un quadro dell'ateneo romano a dir poco desolante: gli insegnamenti di giurisprudenza erano stati ridotti, le scienze naturali e le scienze mediche viste con sospetto e accusate di materialismo ateo, le attività sperimentali quasi assenti, gabinetti, musei e laboratori erano divenuti inoperosi, i finanziamenti per l'istruzione universitaria del tutto insufficienti (nel 1866 solo lo 0,3% delle spese pubbliche era destinato all'università). Una burocrazia paralizzante e una politica autoritaria e poliziesca soffocava ogni attività accademica e perfino l'intervento personale del papa, come scrive E. Morpurgo (Monografia della città di Roma e della campagna romana, vol. II, Roma 1881), riusciva a stento a mitigare i guasti fatti da una amministrazione "dalla sospettosa o incurante grettezza". Il governo nazionale provvide così a rivitalizzare l'università: il numero delle cattedre e dei corsi fu aumentato, introdotte le facoltà al posto dei collegi dei dottori, potenziata la Scuola di applicazione degli ingegneri e la Biblioteca alessandrina, aumentato il bilancio. Nel 1872 l'università di Roma fu equiparata per legge alle altre università del regno e la Facoltà teologica venne sciolta.
Iniziò poi un periodo di pianificazione razionale degli spazi da destinare a un ateneo al passo con un paese che si avviava verso una lenta industrializzazione. Il ministro della Pubblica Istruzione R. Bonghi nominò nel 1874 una commissione presieduta da Q. Sella per studiare la sistemazione degli istituti scientifici. La sede fu scelta sul Viminale, dove già sorgevano le scuole di chimica, sistemate nell'ex convento di S. Lorenzo in Panisperna. Vennero poi espropriati i conventi di San Pietro l'Eremita, di Sant'Antonino e di Santa Pudenziana e stanziata una somma di 1.600.000 lire.
Nel 1876 venne aggiunto agli istituti scientifici del Viminale, l'Istituto Botanico. L'Università venne così distribuita in tre punti strategici della città: l'antico fabbricato della Sapienza, dove rimasero giurisprudenza, filosofia e lettere, la biblioteca, il rettorato e gli uffici; gli istituti scientifici sul Viminale e l'ex convento di San Pietro in Vincoli. L'Istituto Fisico passò dalla Sapienza al nuovo fabbricato di via Panisperna, costruito sotto le direttive di Blaserna, nel 1880. Si iniziò poi a provvedere alla sistemazione delle strutture sanitarie che daranno vita al Policlinico, ideato da Baccelli nel 1874 e inaugurato nel 1902, con sede tra Porta Pia e Porta S. Lorenzo.
I problemi di spazio e di adeguatezza delle strutture ai bisogni della didattica e della ricerca si riacutizzeranno all'inizio del Novecento. Il neorettore, il matematico A. Tonelli eletto nel 1904, fece approvare un progetto per la costruzione della nuova Università degli Studi, in prossimità del Policlinico. La legge del 1907, promossa dal ministro L. Rava, stanziava un fondo di quattro milioni per la nuova sistemazione dell'università e per l'ampliamento della Regia scuola di applicazione per gli ingegneri a San Pietro in Vincoli. I lavori dovettero tuttavia aspettare anni per essere iniziati, in parte per le resistenze opposte da parte del governo, che porteranno ad assorbire l'area del Viminale a favore del Ministero dell'Interno e il palazzo della Sapienza per l'Archivio di Stato, in parte a causa dello scoppio della prima guerra mondiale.
La nuova sistemazione dell'ateneo romano venne finalmente approvata con la Convenzione per l'assetto edilizio della Regia Università di Roma, del 1932. Nello stesso anno iniziarono i lavori che furono terminati intorno al 1935.
(M. Grazia Ianniello)