Elettricità e magnetismo

Il Museo possiede numerose macchine elettrostatiche: le macchine a strofinio risalenti per lo più al 1820 e le macchine ad induzione, databili dalla seconda metà dell'Ottocento al 1930 e impiegate nella didattica e nella ricerca. 

Il prototipo delle macchine a strofinio risale al 1663, quando O. von Guericke (1602-1686) realizzò il primo dispositivo in grado di produrre la "virtù elettrica", impiegando un globo di zolfo messo in rotazione da una manovella mentre la mano dello sperimentatore, avvolta in un panno ben asciutto, si manteneva a contatto con il globo. Di questo tipo sono anche le macchine di F. Hauksbee (1666-1713) e di J. Nollet (1700-1770) e le tante varianti che contribuirono allo studio dell'elettricità, rappresentate nel Museo dalla macchina di Nairne, progettata nel 1773 da E. Nairne (1726-1806), meccanico inglese, per il Granduca di Toscana, e impiegata per elettrizzare un corpo conduttore, e da altri due esemplari che si ispirano alle macchine di Ramsden e di Winter

Le macchine a strofinio, insieme alla bottiglia di Leida, hanno svolto un ruolo fondamentale nella storia della elettricità in quanto, fino alla metà dell'Ottocento, hanno rappresentato l'unico mezzo per ottenere con continuità potenziali elevati e per immagazzinare quantità considerevoli di carica elettrica. 

Le macchine a induzione sono basate sui processi moltiplicativi di una carica iniziale per induzione ripetuta e trasporto delle cariche su un disco rotante. Nella collezione, oltre alle macchine di Holtz, prototipo di questa classe di apparati, sono presenti altri esemplari che ne rappresentano in modo significativo l'evoluzione, dalla macchina di Wimshurst, a innesco automatico, alle macchine di Wommelsdorf a motore. 

Le macchine a induzione costituirono, fino all'inizio degli anni Trenta del Novecento, il mezzo più semplice per ottenere potenziali continui elevati, dell'ordine dei 100 kV.

(M. Grazia Ianniello)

 

 

 

 

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