Macchina di Holtz

Ruhmkorff, Parigi; 1870 ca.; 46x74x69

La macchina, progettata da W. Holtz intorno al 1865, è stata successivamente modificata da J. C. Poggendorff e da H. Ruhmkorff e realizzata in molte varianti. Nella sua prima versione la macchina presenta due dischi di vetro verniciati con gommalacca, di diverso diametro, coassiali, disposti verticalmente e affacciati. Il disco maggiore è fisso mentre l'altro può essere messo in rotazione mediante un sistema di ruote collegate da una cinghia di trasmissione e una manovella. La macchina sfrutta i processi moltiplicativi della carica iniziale in base a induzione ripetuta per trasporto delle cariche sul disco mobile. La carica iniziale viene comunicata per contatto ad una delle due "armature" sul disco fisso con un induttore ausiliario (costituito nei primi esemplari da una piastra di ebanite elettrizzata per strofinio con un panno di lana), mentre si mette in rotazione il disco mobile (fase di innesco). I processi di induzione avvengono poi per mezzo dei pettini, posti di fronte al disco mobile in corrispondenza delle armature, e delle armature stesse. Nella fase di innesco i pettini e i poli della macchina devono essere posti in comunicazione. Non appena la densità di carica sui poli è sufficientemente elevata, questi vengono allontanati e per rotazione uniforme del disco, fra di essi scoccano scintille a intervalli regolari. Una bottiglia di Leyda, con l'armatura interna collegata a uno dei due poli, poteva essere usata per aumentare, a parità di potenziale, la quantità di carica ad ogni scarica. La macchina potrebbe essere identificata con una "macchina di Holtz" descritta negli Inventari vecchi degli strumenti acquisiti dal Gabinetto Fisico della Sapienza, provenienti da altre collezioni. Se l'ipotesi è valida, è databile tra il 1868 e il 1872.

(M. Grazia Ianniello)