Banco di Melloni

Billant, Parigi; 1880 ca.; 100x20x40

Il banco, progettato dallo stesso Melloni per la radiazione infrarossa (ai suoi tempi denominata "calorico raggiante"), è simile, per disposizione sperimentale, a un normale banco ottico. Un binario di ottone, sul quale è incisa una scala graduata di un metro di lunghezza, è fissato su una base di legno montata su quattro viti calanti. Sul binario vengono poi disposti, su cavalierini muniti di una vite a pressione, la sorgente, il rivelatore e accessori vari che, nel corredo completo, ammontavano a circa 50 pezzi. 

Nel banco di Melloni, le sorgenti di radiazione IR, al fine di variare il 'potere assorbente' in funzione del 'potere irradiante',  sono costituite  da:
a) una lampada di Locatelli, a olio con sistema di alimentazione dello stoppino a flusso costante;
b) un cubo di Leslie (a sinistra nella foto), consistente in una scatola cubica di ottone contenente acqua, portata a ebollizione da un bruciatore ad alcool alloggiato nella parte sottostante. Le facce del cubo sono una annerita, una bianca, una speculare e una smerigliata per variare l'emittanza media delle superfici, massima per il nero e minima per il bianco;
c) una spirale di platino portata a incandescenza elettricamente (nei primi esemplari, riscaldata da un bruciatore ad alcool);
d) lamine di rame portate a temperatura elevata, per esempio da un bruciatore ad alcool.

Lamapada di Locatelli Cubo di Leslie Spirale di platino Lamine di rame

Il rivelatore è costituito da un termomoltiplicatore, o "termoscopio elettrico", o "pila termoelettrica", ideato da Leopoldo Nobili e perfezionato dallo stesso Melloni. Il termomoltiplicatore consiste in una termopila collegata ai morsetti di un galvanometro di Nobili. La termopila, a sua volta, deriva dal primo dispositivo realizzato da Seebeck nel 1821, basato sull'effetto termoelettrico: in una coppia bimetallica la cui giunzione sia a temperatura diversa da quella ambiente, si sviluppa una f.e.m. termoelettrica e si genera quindi la corrente che viene inviata al galvanometro. Nobili aumentò la sensibilità del dispositivo elevando il numero delle termocoppie a sei. Al fine di rivelare e misurare l'irraggiamento termico anche di bassa intensità, Melloni aumentò ancora il numero delle coppie, poste direttamente a contatto con l'aria, e scelse come giunzioni antimonio e bismuto, migliorando così anche la prontezza del dispositivo.

Nella termopila di Melloni, le coppie termoelettriche sono  disposte a parallelepipedo con le giunzioni di un tipo su una faccia e quelle dell'altro sulla faccia opposta. La faccia su cui incide la radiazione può essere scurita con nero fumo per aumentarne l'assorbimento. Si ottiene così un sensore termico per assorbimento in cui la f.e.m. termoelettrica aumenta in funzione del numero di coppie impiegate. In questo modo aumenta anche la sensibilità del rivelatore. A seconda dell'impiego venivano realizzate termopile di diversa geometria, munite eventualmente  di schermi per convogliare la radiazione. Nella foto è visibile, per esempio, una termopila montata all'interno di un convogliatore a  forma di tronco di cono (terza da destra), che assorbe la radiazione termica emessa dalla sorgente che viene poi  misurata dalla deviazione dell'ago del galvanometro.

Fra gli accessori figurano numerose lastrine di sostanze cristalline, di vetri colorati e incolori di vario spessore (visibili, nella foto, al di sotto della guida), prismi analizzatori di salgemma per la dispersione della radiazione solare, schermi per selezionare il fascio uscente dalla sorgente, fenditure per aumentare l'intensità del fascio per diffrazione, ecc..

Gli esperimenti proposti da Melloni si rifanno ai suoi studi sul calorico raggiante, condotti tra il 1831 e il 1837 e tesi a dimostrare che la radiazione infrarossa si comporta esattamente come la luce. Questo risultato, oggi scontato alla luce delle equazioni di Maxwell, al tempo di Melloni rappresentò una autentica novità. L'obiettivo principale degli esperimenti di Melloni consisteva nel dimostrare  con gli opportuni accessori che la radiazione termica si comporta come la radiazione luminosa e pertanto si riflette, si rifrange, mostra dispersione anche selettiva, viene polarizzata, ecc. In particolare Melloni dimostrò che la proprietà di trasmettere la radiazione termica è una caratteristica del materiale, è indipendente dalla sua trasparenza alla luce e che la frazione di radiazione termica trasmessa è una funzione della temperatura della sorgente. Classificò inoltre i materiali, in analogia con il caso ottico, in sostanze diatermane (trasparenti all'IR) e atermane (opache a IR). La conclusione di Melloni è che luce e calorico raggiante si comportano  in modo identico e che "la luce, il calore e le radiazioni chimiche sono tre manifestazioni delle onde eteree di varia lunghezza contenute nella radiazione termica" (citato in E. Ragozzino, E. Rinzivillo, E. Schettino, La rivelazione della radiazione termica nella strumentazione di Macedonio Melloni, CUEN, Napoli, 1989, p. 13).

Il banco di Melloni con la sua termopila rappresentò un' importante presenza nei laboratori di fisica dalla fine dell'Ottocento ai primi decenni del Novecento. Continuò a essere prodotto nella versione originale anche dopo l'introduzione  dei resistori e termistori come possibili rivelatori, probabilmente per poter eseguire le classiche esperienze di Melloni così come l'autore le aveva proposte.

L'esemplare in esame, acquistato intorno al 1880, figura nella sezione III dell'Inventario dell'Istituto Fisico con il numero 77 e vecchio numero dell'inventario Volpicelli n° 344, insieme al galvanometro che porta il n° 953.

Insieme al banco sono registrate delle pinze termoelettriche, contrassegnate con III 72 (n° 996 dell'inventario Volpicelli), una pila termoelettrica in forma di scatola, III 75 (vecchio numero di inventario, n° 34, prof. Brusotti della Scuola di Fisica Tecnica), una pila termoelettrica quadrata e una lineare, registrate con i numeri rispettivamente 75 e 76 (vecchio numero di inventario n° 300 del prof. Blaserna), una serie di vetri colorati e cristalli acquistati dalla ditta Di Palma di Napoli (n° 240  del vecchio inventario del prof. Blaserna), con l'aggiunta di due pezzi acquistati da Ceccarelli di Roma per poter eseguire misure della lunghezza d'onda.

(M. Grazia Ianniello)