Macedonio Melloni e lo studio della radiazione infrarossa

Sebbene la capacità degli specchi di raccogliere e concentrare la luce solare fosse nota fin dall'antichità (si pensi ai famosi specchi ustori, documentati per la prima volta nel 423 a. C. da Aristofane nella commedia 'Le Nuvole'), il primo esperimento condotto con l'ausilio di sorgenti diverse da quella solare fu eseguito solo nel XVI secolo da Gian Battista della Porta, esperimento che ebbe grande risonanza in tutta Europa, e sul quale si basarono gli studi di altri scienziati nel corso del XVII e XVIII secolo (confronta, in merito, E. Ragozzino, R. Rinzivillo, E. Schettino, La rivelazione della radiazione termica nella strumentazione di Macedonio Melloni, CUEN, Napoli, 1989).

Soprattutto nella seconda metà del Settecento furono fatti notevoli passi in avanti nello studio del calore emesso sia dai corpi luminosi che da quelli "oscuri", grazie a una serie di esperimenti eseguiti con l'ausilio di due specchi concavi affacciati e posti sullo stesso asse ottico, e che contribuirono alla scoperta di importanti analogie fra le proprietà della luce e quelle esibite dal calore (o 'calorico') radiante. Il Museo dispone di due begli esemplari di specchi parabolici, appunto per esperienze di questo tipo.

Specchi concavi

Per avere dei sostanziali progressi nell'indagine sulla natura del calore radiante bisogna però attendere la fine del XVIII secolo, e in particolare gli studi dell'astronomo Friedrich Wilhelm Herschel, al quale si deve la scoperta della parte infrarossa dello spettro solare e che per primo si preoccupò di corredare i resoconti delle proprie esperienze di diagrammi e disegni (di cui a lato riportiamo un esempio).

A dispetto degli studi di Herschel, nei primi decenni dell'Ottocento molti scienziati ancora osteggiavano l'idea dell'esistenza di una radiazione invisibile. Questo scetticismo era in parte giustificato da alcuni risultati contraddittori apparsi in quegli anni, tra i quali la scoperta degli effetti chimici prodotti dalla radiazione ultravioletta, scoperta che sembrava indicare una sostanziale differenza di natura fra radiazione "luminosa", "termica" e "chimica". La svolta fondamentale nello studio della radiazione infrarossa si ebbe nel 1829, con l'ideazione del termomoltiplicatore o termoscopio elettrico di Leopoldo Nobili, strumento consistente in una termopila costituita da sei termocoppie, collegata con un galvanometro astatico (galvanometro di Nobili). In realtà il termoscopio ideato da Nobili non era dotato di sufficiente sensibilità e prontezza e dunque mal si prestava ad una misurazione accurata dell'irraggiamento termico. La soluzione a questi problemi venne dalla collaborazione tra Nobili e Macedonio Melloni, collaborazione che portò alla pubblicazione dei primi risultati ottenuti proprio con l'ausilio del termomoltiplicatore che porta il loro nome. La collaborazione fra  i due scienziati fu però di breve durata. Nobili si rivolse verso altri campi di ricerca, lasciando al Melloni il compito di proseguire le indagini sulle proprietà del calore radiante. Sebbene  ai tempi di Melloni fossero già note alcune importanti proprietà del calore radiante (quali la propagazione in linea retta, la capacità di essere riflesso da superfici metalliche e di propagarsi anche in assenza di aria), l'interpretazione dei fenomeni a esso legati era ancora abbastanza caotica. Furono proprio le esperienze del Melloni a mostrare in modo definitivo l'identità fra radiazione termica, luminosa e chimica, in particolare con la scoperta (accanto alla riflessione, alla rifrazione e all'assorbimento selettivo) di un altro fenomeno comune alla radiazione "calorifica" e a quella "visibile": la polarizzazione. 

(Silvia Trapanese)

 

Gli esperimenti di Macedonio Melloni Banco del Melloni