Lanterna da proiezione

A. Baraldi, Italia; 1902 ca.; 20x37x62 cm; legno, ottone, vetro, ferro, carbone, velluto

La lanterna, presente nel Registro Inventariale del R. I. F. con il numero d'ordine VII - 145, fu acquistata il 27-10-1902 dalla ditta A. Baraldi al prezzo di £ 80 (come si può evincere dalla nota spese del Regio Istituto). Più incerta la datazione della lampada ad arco presente al suo interno, sebbene nella suddetta nota, alla data 22-4-1901, compaia una "lampada ad arco universale per corrente alternata", acquistata sempre da A. Baraldi al prezzo di £ 125.

Lampada ad arco

La lanterna qui presentata è del tipo in genere utilizzato per ottenere su di uno schermo l'immagine ingrandita di una figura piana, impressa su di una lastra di vetro o celluloide ("trasparente" o diapositiva). A tal fine si inviava attraverso la lastra un fascio di luce, prodotto da una sorgente di elevata intensità. L'immagine ingrandita si otteneva posizionando un sistema di lenti convergenti (obiettivo) tra lastra e schermo. Una seconda lente (condensatore) posta tra sorgente e diapositiva provvedeva ad assicurare che tutta la luce passante attraverso la lastra potesse passare attraverso l'obiettivo, prima di incidere su di uno schermo posto a distanza assegnata. L'apparato per proiezioni doveva dunque essere costituito, oltre che dalla lanterna, da un banco ottico dotato di lenti di varia distanza focale.

La lanterna in possesso del museo si presenta essenzialmente come un contenitore parallelepipedo in legno, dotato sulla faccia anteriore di una apertura rotonda munita di una ghiera in ottone, per il posizionamento del "condensatore", e su quella posteriore di una seconda apertura rettangolare schermata da una tenda e utilizzata per introdurre all'interno della lanterna una sorgente di luce, in questo caso una lampada ad arco voltaico a carboni. Gli altri due lati della lanterna sono muniti di due sportelli con finestre a oblò in ottone e vetro colorato (uno dei quali è mancante), mentre un comignolo in ferro situato sulla faccia superiore del contenitore consente una adeguata areazione della camera interna nonché la fuoriuscita dei fumi di combustione.

La lampada ad arco, montata su una lastra di ferro rettangolare, può essere fissata al corpo della lanterna grazie a due guide presenti all'interno della camera e consiste essenzialmente in due piccole morse di ferro che sorreggono due cilindretti di polvere di carbone. Una barra seghettata, sulla quale scorrono i bracci delle due morse, e un insieme di viti di regolazione consentono di variare la distanza fra i carboni. Per produrre una intensa sorgente di luce si fa passare una corrente elettrica nel sistema, mantenendo a contatto le punte delle due bacchette di carbone. Se in un secondo tempo si allontanano le punte di qualche millimetro, si produce l'arco elettrico: la corrente continua a passare fra le due punte, associata a una debole luce azzurrognola. Molto più brillante è invece la luce emessa dalla combustione dei due carboni, luce utilizzata dunque come sorgente dall'apparato per le proiezioni.

Se si alimenta la lampada con corrente continua i due cilindretti si consumano in maniera disuniforme, il che causa una variazione nel tempo della posizione della sorgente di luce. Per ovviare a tale inconveniente veniva impiegata corrente alternata, come sembra essere il caso della lampada in esame.

(Silvia Trapanese)