Macchina di Atwood

Domenico e Aloysius Luswergh, Roma; Teatro Fisico della Sapienza, 1820 ca.; 85 x 85 x 298

La macchina, ideata intorno al 1780 da G. Atwood,  professore di chimica a Cambridge, realizza in modo ingegnoso e versatile il dispositivo ottimale, compatibilmente con la tecnologia del tempo, per studiare il moto in caduta di un grave lungo la verticale.
Al di sopra di due montanti di legno, alti circa 2,5 m, è fissato il tribometro, costituito da una carrucola e da due coppie di ruote di ottone interconnesse in modo da ridurre gli attriti meccanici. L'asse della carrucola poggia infatti sulla periferia comune a ciascuna coppia di ruote così che, quando è in rotazione, trasmette il suo moto a queste ultime trasformando attrito radente in attrito volvente.

Sulla gola della carrucola passa una fune sottile di seta ai cui estremi sono sospesi due cilindri di ottone di uguale massa M, in equilibrio indifferente. Aggiungendo una massa addizionale m « M a uno dei due cilindri, questo inizia a scendere con accelerazione a = mg/(2M+m), minore di g. In questo modo la macchina di Atwood consente di studiare il moto di un grave, diminuendone l'accelerazione e quindi la velocità di caduta, come nel piano inclinato. Si possono così verificare le leggi del moto uniformemente accelerato (v = at, s = (1/2)at2, ecc.) misurando gli spazi percorsi dal grave su un regolo verticale, suddiviso in cm, e i tempi per mezzo di un pendolo con scappamento ad ancora che batte il secondo, scandito da un campanello azionato dall'asta del pendolo stesso.

Un sistema di leve consente al pendolo, una volta messo in moto, di comandare in modo sincrono la partenza del grave. Sul regolo sono fissati due cursori: il primo, ad anello, consente durante il moto di intercettare la massa addizionale in modo da realizzare un moto uniforme e verificare così la seconda legge della dinamica nel caso di un corpo soggetto a risultante delle forze nulla; l'altro, a disco, ha il compito di arrestare il moto del grave. La base della macchina poggia su quattro viti che servono a regolare l'ortogonalità dell'apparato rispetto al piano d'appoggio.

Una macchina di Atwood figura nel catalogo del 1828 con il numero 44 e la descrizione:
 

"Macchina di Atwood per le leggi dell'accellerazione nelle cadute verticali de' gravi. Consiste in un gran montante di legno alto pollici 72 con pendulo annesso e campanello che indica i tempi, scala verticale in ottone e tribometro sollevato alla sommità di questo montante, e cilindri equilibrati per mezzo di un filo di seta avvolta alla gran ruota del tribometro. Macchina eseguita e perfezionata con nuovo meccanismo dal Macchinista Sig. Dmo Luswergh".
Ma nell'esemplare in esame, che deve aver subito nel corso del tempo numerosi restauri, la massa del pendolo reca inciso "Aloysius Luswergh fecit Romae 1823".

Massa del pendolo

Il tribometro, inoltre, a cui manca la teca in vetro per proteggerlo dall'aria, è sottodimensionato rispetto al montante e non è sicuramente originale anche se, probabilmente, è stato realizzato dai Luswergh.
Nello stesso catalogo, con il numero 27, compare la descrizione  di  un altro tribometro di Desaguliers in ottone, costruito  da Domenico Luswergh (1754-1850), mentre nel Registro Inventariale del Regio istituto Fisico,  con il numero I-79, viene indicato un tribometro, realizzato da Aloysius Luswergh con una nota di 'discarico' del 1937. L'esemplare in esame è dunque stato probabilmente ricostruito con pezzi provenienti da varie macchine di Atwood.
La macchina originale è visibile nella stampa riportata nell'Album di Roma del febbraio 1858, che illustra il nuovo assetto del Museo di Fisica

(M. Grazia Ianniello)