Il paesaggio di Roma Capitale

Il paesaggio di Roma Capitale. Nuovi luoghi del "collettivo" tra spazi del governo e vita urbana. Ipotesi di valorizzazione diffusa e di dettaglio, tra le pieghe delle architetture "del potere".

Al progetto di molti contesti urbani "governativi", cosa è mancato in attenzione verso la dimensione intima della vita urbana? La ricerca affronta il caso Roma, riferendosi ai comparti formatisi tra `800 e `900 (in relazione all'elezione a Capitale) e ai più recenti (trasferimento/implementazione di organi di amministrazione/governo) con sguardo rivolto anche al piano internazionale. Il tema dell'integrazione tra "rappresentanze" architettoniche e tessuti minuti interessa molte operazioni d'ingente impatto urbano, da La Defense ai London Docklands, ai "nodi globali" come Battery Park City o Hafen City-Amburgo. Come convivono grande e piccolo? Head Quarter, Multinazionali, Sedi Leader, Funzioni rare, fanno da forti attrattori di capitale per la costruzione di un paesaggio fortunatamente affidato in primis alla mano pubblica. Ed è sulla regia statale che si vuol far leva per una rigenerazione che non guardi tanto all'eloquenza delle costruzioni quanto al loro intreccio con la minuzia della vita in città: la dimensione, appunto, del giorno per giorno. Grava infatti, sui brani urbani dominati da "grandezze", un ingombrante peso critico: eccessiva razionalità insediativa, mortificante settorializzazione priva della mixité vitale dei nuclei più antichi, apertura indistinta degli spazi, motivo di sfiducia nel carattere benefico che le attività di rilievo dovrebbero offrire: densità proba, solidi scenari costruiti, sicure cornici di vita generatrici di intense relazioni umane.

La città delle istituzioni manca di cura e attenzione prossemica. Gli studi in corso colgono un  primo nucleo sperimentale nella centralità di Pietralata, parte del Sistema Direzionale Orientale.  Malgrado i circa 70 anni dalla concezione del noto insediamento lineare servito dall'Asse Attrezzato e nonostante la prevalenza assunta negli anni da Pietralata, rispetto agli altri comparti, il suo processo pianificatorio è ancora aperto in molte parti. E aperto si mostra ancora l'iter di Stazione Tiburtina, priva di chiare relazioni di margine. Pietralata presenta una complessa morfologia, una posizione strategica come connettività viaria e ferroviaria, è ricca di preesistenze storico-ambientali e si è dotata, di recente, di opere chiave come Stazione TAV e Nuova Sede BNL_BNP, di progettazioni di rilievo - nuove sedi Sapienza, nuova Istat, nuovo HQ di FS, Piazza Quintiliani con stazione Metro e Centro Congressi, complessi Housing, insediamenti artigianali, parcheggi, aree e percorsi pedo_ciclabili, nuova Piazza con Rambla + servizi su via delle Cave di

Pietralata (Contratto di Valorizzazione Urbana 2014). Tuttavia, la continuità spaziale e fruitiva, tra entità direzionali e realtà d'intorno, mostra aspetti di grave carenza. All'eloquenza solipsistica delle grandi realizzazioni, non corrisponde una pari qualità del tessuto diffuso. Ma Pietralata è, da più di un cinquantennio, un inarrestabile laboratorio progettuale, di grandi impegni di ricerca, seppur molti naufragati. Ancor oggi, le mutazioni a venire ne delineano un profilo prezioso, da controllare però e curare dappresso: il rapporto fra paesaggio e luoghi-mèta è infatti ancora in attesa. Pietralata promette alla città un insediamento a elevato contenuto di urbanità e potere d'integrazione tra scale globale e locale. Il modello che sta istruendo le progettazioni è infatti quello di una "città di quartieri": impianti a tessuto, articolazione dinamica e speculare tra pieni e vuoti, ove la costruzione perde di compattezza, per aprirsi, come fa la nuova cittadella Istat di ABDR... A Pietralata la rete dello spazio pubblico sarà il fil rouge; il "negativo urbano" equiparerà le eccellenze architettoniche tra le quali stenderà i suoi spazi.

Per un'elevata complementarietà pieno-vuoto, il progetto urbano dovrà affinare le armi. Entra in gioco, per la rete degli spazi infrapposti, la definizione di città "a grana fine", da contrapporre alla "grana grossa" della città dei poteri. Il termine è dello storico Colin Ward. Se ne dirà meglio nel prosieguo. Per ora valga il segnale di sfida per una progettazione super-accurata del "rovescio urbano". Con quali tecniche e risorse si potranno ricreare le sedi dell'incontro e delle funzioni collettive in città? La nuova "piazza del governo", la nuova "via dei ministeri", il nuovo plateau d'ingresso alla stazione, non smettono di rappresentare anche oggi, a emergenza sanitaria in pieno corso, un traguardo forte. Su questo vorremmo spingere il pedale, affinché gli spazi pubblici en plein air del nuovo direzionale esplorino assetti e metodi per farsi sfida-guida urbana al dopo Covid_19. Neo-strade, neo-piazze, neo-parchi, ma anche spazi minori -cortili, cul de sac, recessi- beneficiari di attiguità con architetture di ruolo, andranno rivisitati e rigenerati, sull'onda della potenziale sinergia con i grandi pesi urbani, dotandoli di attrezzatura e qualità spaziale, valide per la ricomposizione dello sgretolamento sociale.