Roma Capitale della Repubblica. Città, cittadini e istituzioni fra gestione dello Stato e progetto della metropoli.

Roma Capitale della Repubblica. Città, cittadini e istituzioni fra gestione dello Stato e progetto della metropoli.

Il 3 febbraio 2021 ricorrono 150 anni dalla Legge 33/1871 che sancì il ruolo di Roma Capitale d'Italia. È un secolo e mezzo in cui la città si è profondamente trasformata, passando da circa 200.000 a quasi tre milioni di abitanti e da una superficie territoriale di circa 20 Kmq a oltre 1200. A dispetto di tale espansione, l'eredità delle scelte urbane operate nel periodo postunitario, dal punto di vista dell'impostazione della struttura gestionale dello Stato, costituisce un presupposto che pesa su tutta la sua storia urbana e rappresenta uno dei temi centrali delle attuali criticità e prerogative di sviluppo.  La Breccia di Porta Pia segna il passaggio al ruolo di Capitale dello Stato e pone la sfida del rapido adeguamento strutturale del sistema amministrativo e istituzionale di una piccola città murata, vitale per consolidare la posizione ottenuta e porre rimedio alle enormi lacune di un Paese ancora sostanzialmente frammentato. È questo il momento in cui si decide la localizzazione dei Ministeri e delle Istituzioni della città politica. 

Secondo le indicazioni di Quintino Sella, i nuovi Ministeri occupano le aree a ridosso del centro antico disponendosi nelle vicinanze del Quirinale, lungo il tracciato di via XX Settembre. È questa l'occasione nella quale si individua l'asse est-ovest della città come sede delle Istituzioni dello Stato: una scelta necessaria ma frettolosa che stabilisce in via definitiva l'assetto del sistema di governo italiano ma non definisce i presupposti dello sviluppo urbano di Roma. È una condizione emergenziale che mira a risolvere in tempi rapidi il problema della collocazione dei gangli vitali dell'amministrazione ma non riesce ad avere il respiro e l'ampiezza di vedute che necessita una città capitale destinata a un rapido accrescimento. Inoltre, tramontando l'autorità del Sella, sfuma anche questo embrionale principio insediativo, i Ministeri vengono costruiti "un po' dappertutto senza alcun principio" e "nessun programma ha presieduto alla ubicazione di queste importantissime attrezzature che condizionano l'intera struttura urbana per l'enorme quantità di gente che vi lavora o vi gravita attorno" (INSOLERA, 1976). 

La collocazione dei Ministeri definisce una città contratta e implosa su se stessa e rappresenta il "peccato originale" di una capitale che sconterà negli anni a venire questa concentrazione dei luoghi del potere nelle aree centrali: aree in cui è situata tutta la vita di una città polarizzata fra popolo e nobiltà, in cui la borghesia è una minoranza, in cui è basso l'interesse a decentrare le polarità principali su terreni extra moenia. Manca, o non si vuole avere, una visione di insieme sull'imminente sviluppo urbano, manca la capacità di dotarsi di strumenti in grado di tradurre l'emergenza in azioni lungimiranti. La stessa realizzazione del Campo trincerato nella corona esterna e la sua inutilità per sopraggiunte novità nelle tecniche belliche, conferma una grande capacità di azione tesa alla rapida risoluzione di problemi immediati associata a una certa superficiale presunzione. Sono l'entusiasmo e l'"immaturità", il trionfalismo e l'attitudine celebrativa le ragioni che muovono le forze decisionali e connotano le grandi azioni sulla città come interventi puntuali piuttosto che come elementi di un sistema ampio, di cui si prevedono e controllano i successivi sviluppi. 

In mancanza di una strategia complessiva, la prima urbanistica romana postunitaria conferma una visione radiocentrica ben aderente allo status quo, con la quale devono confrontarsi tutte le vicende espansive future. Tale crescita avviene repentinamente e porta in breve alla perdita delle aree centrali disponibili, consolidando la struttura della città romana, con le direttrici di sviluppo sulle vie consolari. Si delinea una tendenza che conduce ad accentuare sempre più i carichi urbanistici sul centro urbano e a sbilanciare la capitale fra centro e periferia, non solo dal punto di vista dei problemi della mobilità e della capacità di assorbimento di attività e persone ma da quello della qualità richiesta a quest'ultima, dove nessuna istituzione è collocata. Da quel momento Roma è condannata alla ricerca di una via di uscita da un assetto centripeto difficile da abbandonare senza azioni pesanti e onerose, che infatti non avverranno.  

Il campo di indagine della Ricerca riguarda gli sviluppi urbanistici avvenuti a seguito di questa condizione di partenza, il loro raccordo con l'attuale assetto della città e della pianificazione, la questione dell'armatura amministrativa dello Stato come principio per indagini progettuali di rigenerazione urbana delle frange esterne di Roma Capitale. Appare infatti di grande urgenza riaffrontare il tema dell'assetto istituzionale della città in rapporto alle sue problematiche presenti, questione ben risolta in altre città europee - Parigi e Berlino fra le altre - che hanno saputo capitalizzare il proprio passato e rimodellarlo in una forma urbana fluida e efficiente.