Turchia 2017

 

 

2017

 

  • gennaio nella notte dell’ultimo dell’anno un terrorista attacca una discoteca ad Istanbul. Dopo l’uccisione dell’ambasciatore russo questo attentato conferma  evidenti lacune e probabili infiltrazioni jihadiste negli apparati di sicurezza. In una intervista Pamuk invita il potere a non usare il terrore per limitare la democrazia ma lo scrittore Erol Ozkoray è convinto che già ora “«La nouvelle Turquie»… est islamiste, sunnite, fasciste, antisémite, raciste et totalitaire”. La decisione del parlamento di dare il via libera al referendum costituzionale sul presidenzialismo, di cui la maggioranza dei cittadini non conosce i quesiti, non fa che dare ragione a chi paventa la nascita di un regime monopartitico. Si preannuncia fino ad aprile, da parte dell’AKP, una massiccia occupazione degli spazi di comunicazione con un ulteriore giro di vite sugli oppositori e sulla società laica. Contro la rete del movimento di  Gülen Erdoğan si aspetta, forse a torto, aiuto dal neopresidente Trump. L’instabilità politica si ripercuote sull’economia, a inizio anno tutti gli indicatori volgono al peggio: -30% di ricavi dal turismo, - 44% di investimenti esteri diretti, la lira turca si posiziona come una delle peggiori divise. Si riunisce a Bruxelles il quinto comitato direttivo sulle Facility for Refugees in Turkey. Sono stanziati circa 200 milioni di euro per la costruzione di scuole. Viene fornita, tramite il programma di soccorso ESSN (Emergency Social Safety Net) assistenza mensile sotto forma di contante per l’acquisto di cibo, affitto, medicine e indumenti caldi per l’inverno. A Ginevra si apre la Conferenza internazionale su Cipro. L’UE è impegnata a svolgere un ruolo di primo piano nel cercare una soluzione. Il problema della restituzione delle terre e dei beni espropriati dopo la divisione dell’isola e quello del ritiro delle truppe turche, uniti  ad un crescendo di irritazioni con la Grecia, che rifiuta di consegnare otto ufficiali fuggiti dopo il golpe, gettano ombre sulla riuscita dei colloqui. Senza Israele e senza una rappresentanza palestinese, Parigi ospita la conferenza internazionale sulla pace in Medio Oriente (en). Netanyahu la reputa inutile e aspetta apertamente le prime mosse di Trump per affossare definitivamente la nascita di uno stato palestinese. Si svolge il secondo round di consultazioni nell’ambito dell’Iniziativa regionale UE sul futuro della Siria. I modi della caduta di Aleppo e la tregua siglata senza l’apporto della diplomazia occidentale dimostrano chiaramente come l’Europa e l’America (di Obama) non abbiano voce in capitolo. Il Consiglio affari esteri infatti accoglie con favore l’accordo sulla Siria mediato da Russia e Turchia. Ribadisce inoltre il sostegno all'iniziativa UE e annuncia, per la primavera, l’organizzazione di  una conferenza incentrata su tre punti: processo politico verso la transizione; lavoro umanitario e sostegno alla stabilizzazione; ricostruzione postbellica e riconciliazione. Ad Astana partono gli incontri sul futuro della Siria, mirano a rafforzare la tregua e trovare una soluzione da portare ai colloqui di Ginevra previsti a febbraio. Due le novità: per la prima volta i rappresentanti dei ribelli siedono a un tavolo diplomatico con i delegati governativi; i russi, per rafforzare i prestigio internazionale conseguito dopo l'inrevento armato, vogliono siglare la fine della guerra. Minima la rappresentanza degli occidentali: Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, delegati dell'Unione Europea e, per l'Onu, Staffan de Mistura. Esclusi i curdi filo-occidentali. Il riavvicinamento tra il governo di iracheno e quello turco unito all’insediamento di  Trump lasceranno i curdi dell’YPG e del PKK senza sostegni internazionali? Erdoğan si aspetta molto dal nuovo presidente USA ma le misure contro i paesi musulmani potrebbero rafforzare i dittatori, nemici di Erdoğan, che combattono i jihadisti.

 

  • febbraio Viene pubblicata la nona relazione sulla ricollocazione e il reinsediamento (en) – Com(2017)74. Dal 5 dicembre 2016 sono arrivate in Grecia 3.873 persone con un numero stabile di presenze. In Italia sono arrivate 15.614 persone. Per quanto riguarda le ricollocazioni nel  periodo di riferimento ne sono state effettuate 3.813 il numero totale di persone ricollocate è salito così a 11.966 (8.766 dalla Grecia e 3.200 dall’Italia) I risultati confermano la stabilizzazione delle ricollocazioni ma le cifre, seppur continuando a rappresentare una tendenza positiva, restano tuttavia al di sotto degli obiettivi prefissati. La commissione elettorale turca conferma la data del 16 aprile per lo svolgimento di un referendum nato sotto un regime di emergenza e come da copione iniziano la campagna elettorale dell’AKP e quella contro i fautori del “no” ancora attestati a ridosso del 50% tacciati di essere terroristi o golpisti. Un’intervista sul quotidiano Hurryet nella quale Pamuk dichiara di essere per il “no” non viene pubblicata. Mentre star del calcio si pronunciano a favore di Erdogan, la società civile per la maggior parte vittima delle purghe, moltiplica le azioni contro la modifica della costituzione. Il giro di vite sui Curdi colpisce la deputata Leyla Zana e  i co-presidenti dell’HDP. La UE richiama il governo turco al rispetto della democrazia mentre il Tribunale europeo per il diritti umani riceve una valanga di ricorsi contro le misure adottate dopo un golpe dai contorni sempre poco chiari. Tra queste misure quelle volte a controllare i gruppi economici di opposizione sono tra le più incisive. Dopo aver colpito i privati Erdogan  mette sotto tutela le maggiori società pubbliche. Anche l’esercito viene colpito dall’ondata di islamizzazione dello stato con la decadenza del divieto di indossare il velo nelle forze armate. Nell’ambito degli incontri bilaterali al vertice di Monaco sulla sicurezza l’AR Mogherini ribadisce la centralità del problema siriano e la necessità di dare nuovo impulso alle relazioni transatlantiche. Ma, dopo il rinvio dei  colloqui di Ginevra sulla Siria, in Medio oriente, nel clima politico successivo all’elezione di Trump si torna all’antico. L’Iran è di nuovo il nemico numero uno, Netanyahu ritrova l’appoggio dell’alleato americano (contro l’Iran, Hamas e la destra interna), la Turchia dopo la faticosa conquista di  Al-Bab, consolida la sua zona d’influenza nel nord della Siria, di fatto un protettorato volto ad impedire la contiguità territoriale dei territori sotto controllo curdo) ponendosi anch’essa in aperto contrasto con l’Iran. I Curdi come previsto, sono le prime vittime del nuovo clima perdono l’appoggio degli Usa e con esso, a meno di un aiuto russo, la possibilità di conquistare Raqqa. Lacerati al loro interno e senza forti appoggi internazionali la nascita di uno stato unitario curdo sembra sempre più lontana. Può in questa congerie sopravvivere l’accordo tripartito sulla Siria? Anche i colloqui per la riunificazione di Cipro segnano il passo per la proposta da parte di un partitino della destra cipriota di una legge per la commemorazione del referendum che auspicava l’unione con la Grecia dall’altro per le provocazioni turche (probabile ritorsione per la mancata estradizione di 8 ufficiali golpisti) attorno agli isolotti di Kardak/Imia. 

 

  • marzo  Erdoğan si scontra con Germania e Olanda che vietano ad alcuni ministri di Ankara la partecipazione a comizi referendari destinati alle comunità turche. Anche una pronuncia della Corte di Giustizia, su due casi di donne che rifiutavano di togliersi il velo al lavoro, non fa che inasprire i contrasti. In realtà Erdoğan sta giocando una doppia partita. In politica  interna, poiché  la vittoria elettorale non è ancora scontata,  ha la necessità di crearsi dei nemici (per compattare l’elettorato più reazionario), di colpire la libera stampa (e i gruppi economici che la sostengono), di mettere sotto tutela le Università per le quali  diventa sempre più difficile poter esprimere liberamente la libertà d’insegnamento (i professori licenziati difendono la loro dignità organizzando lezioni in strada). Anche all’esercito, dopo le purghe subite al seguito del fallito golpe, non vengono risparmiati  provvedimenti di stampo islamista. I curdi i cui territori sono di fatto sottoposti ad una occupazione militare che ha provocato mezzo milione di sfollati voteranno  il contro la riforma.In  politica estera la Turchia è in una posizione di estrema debolezza. Da un lato l’alleanza con la Russia della quale, ricambiata, non si fida e con l’Iran scita la pone di fatto fuori dal campo occidentale Dall'altro deve prendere atto della vittoria di Assad e dell’alleanza tra  le milizie dell’YPG e Damasco tesa ad impedire proprio una ulteriore avanzata dei soldati turchi sul suolo siriano. La visita del Segretario di Stato Usa Tillerson, mentre Ankara annuncia la fine dell’intervento in Siria, non porta i frutti sperati. Gli americani sembrano intenzionati a confermare l’aiuto ai curdi dell’YPG in vista dell’attacco finale a Raqqa. Il conflitto siriano, con la sconfitta degli gli insorti, circoscritti nella provincia di Idlib e la quasi sconfitta dello Stato islamico, entra in una nuova fase. Il documento UE Elementi per una strategia dell'UE relativa alla Siria (en) - JOIN(2017)11 e il meeting di Washington dei ministri della Coalizione anti Daesh cercano di disegnare il prossimo futuro. Il documento europeo prende atto che “continui conflitti o un regime autocratico duraturo, che sono le alternative a una transizione politica negoziata, contrasterebbero con gli interessi del popolo siriano, della regione e dell'UE”. La ridefinizione dei confini con la nascita, eventualmente, di uno stato curdo, lo sfruttamento delle risorse petrolifere e idriche, la guerra tra sciti e sunniti, le ambizioni divergenti di Iran, Arabia saudita e Israele, la tenuta dell’Iraq e dello Yemen e della stessa Siria come stati unitari rendono però il documento lontano dal delineare una soluzione fattibile che il fallimento anche dei nuovi colloqui di Astana conferma.L’accordo UE-Turchia sui migranti compie un anno. Quali i risultati? Che ripercussioni sulle relazioni tra i due paesi? La  Prima relazione annuale sullo strumento per i rifugiati in Turchia (en) Com2017)130, la Decima relazione sulla ricollocazione e il reinsediamento (en) - Com(2017)202, la Quinta relazione sui progressi compiuti in merito all'attuazione della dichiarazione UE-Turchia (en) - Com(2017)204 e la Comunicazione Per una politica dei rimpatri più efficace nell’Unione europea – un piano d’azione rinnovato (en) - Com(2017)200 confermano quanto già emerso. Gli arrivi sono diminuiti ma il prezzo  pagato dai rifugiati  in Grecia nelle isole, trasformate in prigioni a cielo aperto, o nei campi in Macedonia è sempre più alto. Dei pochi che sono stati rimpatriati si perdono le tracce. In definitiva gli accordi hanno più una valenza politica servendo alla Merkel che ad Erdogan per tenere a bada le proprie opinioni pubbliche. La tempistica degli scontri tra Germania e Turchia, mentre il parere della Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa conferma i dubbi sulla modifica costituzionale turca, fa dubitare che questi facciano parte di una manovra di lungo periodo tesa a far vincere il "si" per salvaguardare l’accordo con la Turchia e al contempo affossare definitivamente le negoziazioni per l’adesione. Ad Erdoğan serve anche come arma di ricatto ma la Turchia ha ancora bisogno dell’Europa visto che il 50% degli scambi commerciali turchi si orienta con i paesi europei e le tensioni interne ed internazionali già spingono le previsioni economiche al ribasso. Adeguandosi al clima e in parte allontanandosi dal basso profilo tenuto dalle istituzioni UE  anche il presidente della Commissione europea arriva a sua volta a minacciare la rottura dei negoziati di adesione.

 

  • aprile Si svolge il referendum sulla riforma costituzionale in senso presidenzialista. Il “si” vince con  il 51,3% dei consensi il “no” arriva al 48,7%. Uno scarto minimo rispetto alle attese e alla campagna di terrore nei confronti delle opposizioni e delle minoranze etniche e religiose. Per Erdoğan è una sconfitta morale e politica. L’opposizione sostiene che ci siano stati brogli, anche gli osservatori dell’Osce ritengono che siano stati violati gli standard internazionali (sono state  usate schede elettorali non vidimate). L’analisi del voto conferma la netta divisione tra le città, contrarie alla riforma costituzionale, e le zone rurali, a favore. Anche Istanbul, di cui Erdoğan è stato sindaco, vota per il no e “Perdere Istanbul è come perdere il consenso sulla città-guida, sui movimenti politici ed economici più importanti.. [è] un segnale…che non promette niente di buono”.  L'inatteso risultato del referendum rivela, (nelle urne i voti di molti nazionalisti, inferiori alle attese, si sono sommati a quelli dei curdi e degli aleviti), che il percorso per l’entrata in vigore della nuova costituzione non sarà agevole. Il fatto che la metà della popolazione abbia votato contro non costituisce motivo di speranza .  Erdoğan continuerà a  trasformarsi in uno dei tanti rais abituati a fare carne da macello delle opposizioni, e continuerà, per quello che Murat Yetkin definisce uno scenario da incubo, ad allontanarsi dalla democrazia. Dopo vari giornalisti stranieri è ora la volta di un italiano. Gabriele del Grande viene arrestato e tenuto in isolamento senza che ne siano resi noti i motivi. Viene rilasciato dopo molti giorni senza spiegazioni. La nuova situazione politica riapre il problema delle relazioni internazionali della Turchia con i partner occidentali, UE in primis, e quelli impegnati nelle zone di crisi ai suoi confini. Nella dichiarazione sul referendum in Turchia la UE si mostra cauta: attende il rapporto degli osservatori OSCE e si preoccupa che le modifiche costituzionali siano messe in opera alla luce degli obblighi della Turchia in quanto paese candidato. E’ opinione della eurodeputata, e relatrice del rapporto annuale sulla Turchia,  socialista Kati Piri che un paese con una riforma costituzionale come quella turca non possa entrare nell'Unione ma per Can Dündar l'Europa, posto che la vittoria del ”si” è “ una vittoria di Pirro [che potrebbe segnare] l'inizio della fine dell'era Erdogan...  dovrebbe…continuare a parlare con l'opposizione turca. Non isolare il Paese". In ogni caso anche Erdoğan , se vorrà mantenere il tenore di vita delle popolazioni anatoliche che costituiscono il suo bacino elettorale, sarà costretto ad utilizzare il doppio binario di una retorica antioccidentale che nasconde la dipendenza dal denaro occidentale in un momento come dichiarato nella valutazione della Commissione “Economic Reform programme of Turkey” (2017-2019) – SWD(2017)143 in cui l’economia turca dal 2016 al 2017 ha avuto un crollo dovuto principalmente all’impatto della situazione politica sull’ambiente economico.  Chiosa Elif Shafak la “monopolizzazione del potere… porterà solo infelicità e le nazioni infelici non possono essere stabili”, a conferma di ciò, ancora in vigore lo stato di emergenza, viene lanciata una nuova ondata di arresti di massa.  L’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE) reintroduce a seguito della relazione, The functioning of Democratic Institutions in Turkey, un processo di verifica del funzionamento delle istituzioni democratiche turche. Anche il  consiglio informale dei ministri degli affari esteri, cui partecipa anche Çavusoğlu, conferma le divergenze profonde tra UE e Turchia che minano alla base il processo di adesione. Nelle conclusioni del Consiglio su una strategia dell'UE relativa alla Siria (en) -7652/17 si conferma il sostegno all'opposizione siriana, si incoraggiano le parti a confrontarsi sull'agenda delineata dall'inviato speciale dell'ONU e si accoglie con favore il tentativo di formare una delegazione maggiormente inclusiva che lavori alla presentazione di proposte moderate e pragmatiche. Negli stessi giorni del Consiglio durante un attacco delle forze governative vicino Idlib si sprigiona una nube tossica che provoca l’ennesima strage in quella che molti definiscono una guerra mondiale di bassa intensità. Turchia e altri paesi occidentali accusano l’esercito siriano di aver usato armi chimiche. I siriani e i russi ribattono che le sostanze erano custodite in un silos dei ribelli bombardato. La UE, condannando il “presunto” attacco, auspica una indagine imparziale e invita Russia, Iran e Turchia a mantenere fede ai propri impegni in quanto garanti della tregua. Per ritorsione, ma forse più per ragioni di politica interna, Trump lancia  un attacco missilistico contro una base siriana  provocando la reazione di Russia e Iran. La Turchia si mantiene in disparte, le relazioni con Mosca sono meno sincere di quel che sembri,  sperando nella nuova amministrazione USA che però porta problemi inattesi. Gli Stati Uniti si dichiarano non più interessati alla cacciata di Assad e continuano ad armare i curdi delle YPG in vista della conquista di Raqqa,  mentre l’obiettivo di Erdogan è quello di assicurarsi una fascia di sicurezza che si incunei nelle aree controllate dai curdi siriani per impedirne la continuità territoriale rafforzando l'autonomia del Rojava. Forse è proprio da questo lato che occorre vedere, visti contrasti tra i curdi iracheni e quelli turco-siriani, i tentativi di alleanza tra Ankara e Kirkuk.

 

  • maggio vengono arrestati, il direttore del sito del quotidiano Cumhuriyet e con rappresentanti degli ambienti della Borsa. Rientrato, e rieletto presidente, nei ranghi dell’AKP, poiché la nuova costituzione non impedisce, come la vecchia, al Presidente della Repubblica di far parte di un partito, Erdoğan conferma che lo stato di emergenza non verrà tolto fino a quando non ci saranno pace e prosperità. Ma l’economia, l’esercito e la magistratura, devastati dalle purghe, prefigurano un apparato statale indebolito in mano al partito di governo. Per quanto riguarda le relazioni UE-Turchia entrambi gli schieramenti, anche Erdoğan minaccia di troncare i negoziati di adesione se non venissero aperti nuovi capitoli, si trovano nella necessità di non approfondire le divisioni. Però il gruppo progressista dei socialisti e democratici invia una delegazione per valutare, con i rappresentanti delle opposizioni (divise), lo stato della democrazia turca. Si apre il processo ai golpisti, con  Gülen  e i suoi seguaci tra gli imputati. A fine mese un gruppo di giornali europei rivela che le famiglie di Erdoğan e del primo ministro Yildirim avrebbero fortune da capogiro in società estere. Russia e Turchia propongono l’istituzione di aree sicure in Siria per i gruppi che accettano di deporre le armi (esclusi ISIS e al Nusra) e per i civili sfollati. L’idea è di Putin, che l'ha portata ad Astana, al quarto vertice diplomatico sulla Siria. Quattro "zone a tensione ridotta": la provincia di Idlib, quella di Homs (evacuata a fine mese), il sobborgo della Ghouta fuori Damasco, e un'altra area nel sud del Paese. Il cruccio di Erdoğan è però la decisione di Trump di armare i curdi delle YPG. La decisione potrebbe avere profonde conseguenze nel momento in cui saranno ridisegnati le zone di influenza e probabilmente anche i confini della Siria con la nascita di una zona statuale curda sul modello di quella irachena. La successiva visita di Erdoğan a Washington non ha risultati concreti: gli USA non recedono dall’armare i curdi-siriani né acconsentono all’estradizione di Gülen. In compenso di fronte all’ambasciata turca le sue guardie del corpo malmenano, insieme a gruppi di sostenitori, manifestanti curdi. L’irritazione turca si sfoga nella richiesta di allontanamento nei confronti del rappresentante americano nella coalizione internazionale. Lo studio del PE  Energy: a shaping factor for regional stability in the Eastern Mediterranean? mette in luce la possibilità che la cooperazione in campo economico possa tradursi in una cooperazione a tutto tondo che metta fine alle tensioni geopolitiche della regione. I fatti però vanno in direzione opposta mentre la Turchia ha di nuovo tensioni con Israele (accusato di apartheid verso gli arabi) Trump in visita nei paesi arabi cerca la pace attraverso lo scontro con l’Iran e i suoi alleati. Si svolge il Consiglio Affari esteri che discute delle nuove azioni nel campo della  sicurezza e difesa (en). Viene pubblicata la Relazione sull'attuazione del riesame della politica europea di vicinato (en) – Join(2017)18. Nella relazione si sottolinea  che “l’UE, insieme ai suoi Stati membri, è stata il principale donatore alla conferenza di Londra sulla Siria del febbraio 2016”. Il Parlamento europeo pubblica le risoluzioni Far funzionare la procedura di ricollocazione (en) - P8_TA(2017)0230, in cui  “esprime il proprio rammarico per il mancato rispetto da parte degli Stati membri degli impegni a favore della solidarietà e della condivisione delle responsabilità” e Strategia dell'UE relativa alla Siria (en) - P8_TA(2017)0227 in cui  “prende atto del recente memorandum sulla creazione di zone di distensione in Siria… sottolinea, tuttavia, le preoccupazioni espresse dall'opposizione quanto alla possibilità che l'accordo determini la creazione di zone di influenza e la divisione della Siria”. Nelle Joint Conclusions of the Economic and Financial Dialogue between the EU and the Western Balkans and Turkey i partecipanti  convengono che gli elementi degli orientamenti strategici del 2016, non ancora  pienamente attuati, continuano a essere validi. Il vertice di Bruxelles sancisce l’entrata NATO, ma solo con compiti di coordinamento, nella coalizione anti ISIS. Restano intatte le critiche americane all’impegno finanziario degli alleati ma più ancora desta preoccupazione l’ambiguità della Turchia interessata più a combattere i Curdi che l’ISIS. I quadri di comando NATO turchi decimati da centinaia arresti o rimozioni a seguito del golpe, mentre altri militari hanno chiesto asilo politico all’estero, non sono più efficienti. Per ultimo la ventilata minaccia di acquistare (dopo quelli cinesi)  missili russi. Mentre i colloqui avuti con Junker e Tusk hanno timidamente allentato le tensioni turco-europee, il nuovo incontro con Trump si è risolto, per Erdoğan, in un altro nulla di fatto.   

 

  • giugno Viene pubblicata la Comunicazione congiunta Un approccio strategico alla resilienza nell'azione esterna dell'UE (en) – Join(2017)21 con allegati i documenti SWD(2017)226SWD(2017)227. Nel documento la UE “Riconosce la necessità di abbandonare gli obiettivi di contenimento delle crisi per orientarsi verso un approccio alle vulnerabilità più strutturale… che si focalizzi sulla previsione, la prevenzione e la preparazione”. L’arresto di Taner Kiliç  presidente di Amnesty International Turchia provoca la scontata protesta dell’UE. In seguito l’arresto e la condanna a 25 anni di carcere di  Benis Berberoğlu membro del Parlamento nelle file del Partito Repubblicano del Popolo (CHP) provoca invece una decisa reazione da parte del leader del partito Kilicdaroğlu che decide di marciare da Ankara ad Istanbul per la difesa dello stato di diritto. La marcia si svolge in un clima di calma ma viene subito attaccata dai media governativi e da Al-Arabya (la voce dei sauditi) come un raduno di terroristi. Dall’inchiesta di Emanuel Carrere risulta evidente come la situazione sociopolitica turca sia totalmente legata al volere e alle sorti del Erdoğan. Il presidente turco  è un uomo che ha mantenuto le promesse fatte ai suoi elettori ma ora sembra non più in grado di porre riparo ai problemi che la sua condotta ha creato. Lo smantellamento dello stato laico continua senza freni:  la teoria evoluzionistica viene cancellata dai libri di testo delle elementari, si impedisce ancora una volta, con violenza, il Gay pride, si confiscano i beni delle minoranze religiose. In questo clima i rapporti con l’UE e i singoli paesi membri continuano a deteriorarsi. Le maggiori frizioni sono con la Germania. Dopo il divieto ai parlamentari tedeschi di andare a trovare i propri soldati di stanza nella base NATO di Incirlik, la Germania sposta il contingente in Giordania. A fine mese viene impedito un comizio di Erdoğan a margine del G20 di Amburgo.  La comunità turca tedesca è in crisi, la vittoria del “si” al referendum costituzionale turco (63% su una base però del solo 13% dei tre milioni di turchi) ha creato un fossato tra i partigiani e gli oppositori di Erdoğan. Chissà forse anche l’apertura di una moschea dove uomini e donne pregano insieme ha contribuito ad un ulteriore deterioramento dei rapporti. In Francia intanto preoccupa l’elezione a capo del Conseil français du culte musulman di Ahmet Ogras, rappresentante dell’islam turco.. Nel campo profughi di Harran il presidente turco attacca l’Europa accusandola di non occuparsi della tragedia siriana e di non dare i soldi promessi ma i fondi come specificato  saranno allocati per dei progetti umanitari e saranno disponibili prima della fine dell’anno. La Sesta relazione sui progressi compiuti nell’attuazione della dichiarazione UE-Turchia (en) - Com(2017)323 con allegato1 (en) e allegato2 (en) e la Tredicesima relazione sulla ricollocazione e il reinsediamento (en) - Com(2017)330 (con allegati)  confermano la situazione di stallo. Anche se il numero degli arrivi continua ad essere basso, è pur sempre superiore a quello delle persone ricollocate o rinviate Turchia. Intanto, in maniera sospetta, il flusso di arrivi dalla Turchia sulle coste italiane e greche, in sei mesi si è quadruplicato. In una intervista Bülent Arinc, ex presidente del Parlamento e cofondatore dell’AKP (ormai fuori dai giochi) si interroga sul futuro della Turchia e sui rapporti con l’Europa, mentre ripartono, inquinati dalle esigenze politiche di Erdoğan e degli Stati UE, i colloqui per l’aggiornamento dell’unione doganale UE-Turchia . Riconquistata Mosul e con Raqqa sul punto di cadere le domande su quello che succederà dopo la sconfitta di Daesh si fanno pressanti. A dispetto di quanto più volte dichiarato dalla comunità internazionale e ancora affermato nelle conclusioni del Consiglio Affari esteri, dovranno essere disegnati nuovi confini. In Iraq il Governo del Kurdistan (Krg) ha indetto, per settembre, un referendum per l’indipendenza. Ma anche le comunità scite e sunnite difficilmente rimarranno insieme. La secessione del Kurdistan iracheno e l’autonomia territoriale di cui godono i curdi siriani potrebbero infine rinvigorire le aspirazioni secessionistiche della minoranza curda in Turchia. Ma accanto a questa crisi ormai “conosciuta” se ne apre un’altra, frutto della visita di Trump in Medio oriente, che rischia di aumentare le tensioni regionali. Accusato di fomentare il terrorismo il Qatar viene sottoposto ad un durissimo embargo. Per cancellarlo il fronte guidato dai sauditi impone condizioni inaccettabili (chiudere Al-Jazeera, smantellare la base militare turca, mettere fuori legge i Fratelli musulmani, interrompere le relazioni con l’Iran). La Turchia naturalmente rifiuta di chiudere la sua base anzi organizza un ponte aereo che oltre ad aiuti alimentari potrebbe portare alla presenza di 3000 militari. Anche l’Iran si attiva per portare aiuti al Qatar. Proprio l’Iran, colpito per la prima volta da un sanguinoso attentato rivendicato dallo Stato islamico (ma le autorità di Teheran accusano i sauditi) e quella che viene definita la “Mezzaluna scita” sono il vero obiettivo di questa escalation e probabilmente il motivo della guerra in Siria. Nel tentativo di far rientrare una crisi che minaccia i delicati equilibri del Golfo persico  e gli altri stati della penisola araba L’AR Mogherini incontra il ministro degli esteri del Qatar. I colloqui per la riunificazione di Cipro, vissuti in maniera poco partecipata dalla popolazione,  si infrangono, nonostante il pressing UE e USA,  sul problema delle truppe turche di stanza sull’isola.

 

  • luglio una folla enorme accoglie l’arrivo a Istanbul della marcia per la giustizia. In una intervista Kilicdaroğlu spiega i motivi del suo gesto. Nell’anniversario del golpe Erdoğan davanti a migliaia di sostenitori si scaglia contro i traditori, promettendo punizioni esemplari, e contro l’Occidente intanto prolunga ancora lo stato di emergenza. La società turca è profondamente divisa e non sembra possibile ricomporre questa frattura almeno fino a quando il Erdoğan resterà al potere. Intanto si apre il processo ai giornalisti di Cumhuriyet, il dibattimento si pone come un processo alla libertà di stampa in quello che Can Dündar (ex direttore del giornale) definisce uno stato di polizia.  Si apre anche il processo ai golpisti. Anche per il fallimento dei I negoziati per la riunificazione di Cipro Erdoğan accusa, non a torto, l’azione di lobby di alcune compagnie petrolifere interessate ai giacimenti di gas ciprioti. Ma parte del problema sono anche i rapporti con l’UE e i veti che i grecociprioti ancora mantengono nei confronti della Turchia. Rapporti ancora più tesi dopo la pubblicazione da parte del PE della Risoluzione… sulla relazione 2016 della Commissione sulla Turchia (en) - P8_TA(2017)0306, fondamentalmente negativa, in cui si  “invita la Commissione … a sospendere senza indugio i negoziati di adesione con la Turchia se il pacchetto di riforme costituzionali verrà attuato senza modifiche”. Però per i democratici turchi è essenziale che l’Europa continui il suo impegno in Turchia e non li abbandoni. Anche con la Germania la crisi latente scoppia in tutta la sua virulenza. La Cancelliera tedesca arriva a sconsigliare alle sue imprese di investire in Turchia mentre i turchi accusano alcune delle maggiori aziende tedesche di appoggiare i terroristi. Si fa strada l’ipotesi che l’arresto di alcuni cittadini tedeschi in Turchia sia motivato dalla necessità di avere ostaggi da scambiare con alcuni turchi che hanno chiesto, dopo il golpe, asilo in Germania. In ogni caso per la Turchia il costo economico della crisi con la Germania, suo primo partner commerciale è già molto alto, nel contempo il costo politico per l’Europa è altrettanto alto. È in questo clima che si svolge a Bruxelles lo EU-Turkey High Level Political DialogueIl Qatar respinge le richieste saudite. Secondo Wadah Khanfar, direttore di Al-Jazeera, i sauditi si sbagliano se credono che chiudendo la televisione  i temi di democrazia e libertà portati avanti nelle primavere arabe possano essere elusi. Mosul viene liberata mentre Putin e Trump, lasciate da parte le tensioni del Russiagate, concordano una tregua in Siria. Di fronte ai mutamenti continui delle alleanze medio orientali il consiglio delinea alcuni dei peggiori scenari, per l’Occidente, che potrebbero verificarsi. Tendenzialmente le minacce sono tre. Distruzione delle riserve energetiche, la trasformazione della regione in una base sicura per terroristi che vogliano colpire l’Europa, un esodo di massa delle popolazioni verso l’Europa.

 

  • agosto la Turchia, che nelle parole di Junker si allontana a passi da gigante dall’Europa, è in rotta di collisione con la Germania. Erdoğan interviene pesantemente nella campagna elettorale tedesca invitando gli elettori di origine turca a non votare i principali partiti perché ostili alla Turchia (i parlamentari di origine turca ricevono minacce di ogni genere). Di fronte a queste ingerenze e alla detenzione di cittadini  tedeschi in Turchia il ministro degli esteri Sigmar Gabriel si spinge a dichiarare che la Turchia, presidente Erdoğan, non entrerà mai in Europa. Erdoğan ormai ha rapporti tesi con tutti i partner occidentali ma nessuno ha la convenienza di interrompere i rapporti anche se Ankara si rivolge sempre più verso oriente. Per Dogan Akhanli lo stato poliziesco (per Dündar islamofascita) in atto nasconde una profonda debolezza del presidente che la rinascita politica di Kılıçdaroğlu e i contrasti interni all’AKP di fronte ad un suo possibile arresto, sembrano confermare. Anche le incaute affermazioni del ministro dell’energia Berat Albayrak, afferma che soffocherebbe i gulenisti con le sue mani, mostrano un nervosismo che favorisce la strategia comunicativa di Hizmet. Il proseguire dello stato di emergenza e delle purghe in seno all’apparato statale da un lato indeboliscono lo stato (l’aviazione si trova a corto di piloti da caccia) dall’altro creano i presupposti per uno stato confessionale in attesa delle elezioni presidenziali del 2019. Il destino di Erdogan però è legato alla tenuta economica della nazione i contrasti con a Germania e l’Europa creano incertezza negli investitori stranieri mentre il clima di violenza ha fatto crollare gli introiti del turismo. Non si fa in tempo a festeggiare la liberazione di Mosul che il referendum per l’indipendenza (dall’esito scontato) indetto nel Kurdistan iracheno (KRG) riaccende tensioni pericolose. Al di la delle parole vuote dei comunicati ufficiali, in Iraq (come probabilmente accadrà in Libia e in Siria) le azioni sul campo ridisegnano, su base etnico-religiosa) i confini della regione. Gli scenari, visto che anche Kirkuk (riconquistata e occupata dai peshmerga) parteciperà al referendum e che nessuno degli attori regionali è pronto ad accettare o far accettare un Kurdistan indipendente, che si potrebbero creare sono complessi e potrebbero portare a nuove alleanze e nuove guerre nella regione.

  

  • settembre la crisi tra Germania e Turchia, acuita dalla continua intromissione di Ankara nella campagna elettorale tedesca e dalla detenzione di Deniz Yücel, corrispondente di Die Welt,  spinge la Merkel  a dichiarare che i colloqui di adesione potrebbero essere sospesi o chiusi. La reazione di  Erdoğan è come al solito sopra le righe, più morbido ma sempre minacciando di mandare all’aria l’accordo sui migranti il ministro per gli affari Europei, Çelik. Per alcuni commentatori questa minaccia è solo un bluff poiché la ricusazione dell’accordo comporterebbe gravi rischi anche per la tenuta della leadership di Erdoğan. In Turchia sono propensi a pensare che la posizione della Merkel sia dettata da motivi elettorali e che i rapporti con la Germania e l’Europa si sistemeranno dopo le elezioni. La chiusura dei colloqui di adesione, di fatto congelati da molti anni, non piace però a molti partner europei (un voto potrebbe aversi nel Consiglio di ottobre) vista la necessità di lavorare comunque insieme per risolvere  le crisi mediorientali.  La chiusura dei negoziati di adesione probabilmente farebbe comodo  al presidente turco: tagliando i rapporti con chi continuamente lo rimprovera della sua scarsa vena democratica, potrebbe continuare sulla strada di quello che può definirsi come un colpo di stato al contrario.  I processi ai giornalisti di Cumhuriyet ai “10 di Istanbul” (gli attivisti dei diritti umani arrestati in luglio), le aggressioni a cittadini curdi, sono sintomo di una situazione grave che chiama in causa la politica del governo. Lo stallo dell’economia e la necessità di attrarre di nuovo investimenti stranieri spinge il ministro dell’economia  a chiedere la  rimozione  dello stato di emergenza. Per Orhan Pamuk «Serve ottimismo per vivere in questa Turchia»Viene pubblicata la Quindicesima relazione sulla ricollocazione e il reinsediamento (en ) - Com(2017)465 con allegati. La relazione conferma che “Il ritmo della ricollocazione continua a mostrare una tendenza positiva, con una media di 2 300 ricollocazioni al mese da febbraio 2017 [però] durante i mesi estivi sono state ricollocate dall'Italia e dalla Grecia solo 4 400 persone all'incirca… Poiché gli attuali ritmi di ricollocazione sono ancora insufficienti…  è ora fondamentale che gli Stati membri ottemperino agli obblighi giuridici e agli impegni assunti” così da alleviare la pressione che grava sui sistemi di asilo e di accoglienza dell’Italia (elogiata da Junker nel Discorso sullo stato dell’Unione). Su questo punto le istituzioni europee (così come nei confronti di Erdoğan o della May) sembrano avere adottato una posizione di fermezza tanto da aprire la procedura di infrazione nei confronti del gruppo di Visegrad. La Settima relazione sui progressi compiuti nell'attuazione della dichiarazione UE-Turchia (en) - Com(2017)470 con  allegati conferma come gli arrivi in Grecia, anche via terra, siano pochi. per quanto riguarda l’erogazione “dei  3 miliardi di EUR previsti per il periodo 2016-2017, sono stati firmati contratti relativi a 48 progetti per un importo totale che è salito da 1,572 miliardi di EUR a 1,664 miliardi di EUR, mentre i pagamenti sono saliti da 811 milioni di EUR a 838 milioni di EUR”. Persistono tuttavia carenze individuate nelle relazioni precedenti:  il basso ritmo dei rimpatri dalle isole greche verso la Turchia continua  a far aumentare la pressione sulle strutture dei punti degli hotspot sulle isole; scarsità di personale, interpreti, esperti, agenti Europol, agenti della guardia di frontiera e costiera europea .I progressi realizzati nella operatività della guardia di frontiera sono segnalati nella Relazione sulle attività volte a rendere pienamente operativa la guardia di frontiera e costiera europea (en) -  Com(2017)467. Il Parlamento europeo pubblica lo studio The financing of the ‘Islamic State’ in Iraq and Syria (ISIS). L’incontro tra Trump ed Erdoğan all’ONU dimostra la distanza che separa USA e Turchia, di fronte ad una tiepida presa di posizione contro il referendum curdo rimangono aperti gli scontri sull’estradizione Gülen, la vendita di armi ai curdi siriani, sul mandato di arresto per l’ex ministro Zafer Çağlayan (accusato di aver avuto rapporti con il faccendiere di origine iraniana Reza Zarrab). La riluttanza americana a vendere e a produrre in Turchia il sistema antimissile Patriot fa si che la visita di Putin ad Ankara suggelli un solido patto che, avvalorato dall’acquisto da parte turca di un sistema antimissile russo, non fa che aumentare le distanze  tra Turchia e NATO. In Siria le battaglie per la riconquista di Raqqa e della provincia di Deir el Zor si fanno più dure. La presenza degli eserciti nelle varie zone disegna una carta dove sono ben visibili le zone di influenza delle nazioni impegnate nella guerra. Se russi e iraniani hanno ormai fatto accettare ad Erdoğan l’inamovibilità di Assad, la difesa dell’integrità territoriale siriana ha come contraltare la difesa di quella irachena minacciata dal referendum indipendentista dei curdi. L’annuncio del referendum nel Kurdistan iracheno non piace all’Europa ancorata alla visione di un  Iraq unitario morto da tempo.  Alla vigilia del voto Barzani afferma che l’Iraq è uno stato settario per cui l’indipendenza dei curdi è l’unico modo per evitare il ripetersi delle tragedie passate . Non tutti però sono d’accordo sui tempi e i modi del referendum.  Al voto la vittoria dei si è schiacciante. La risposta del blocco che si oppone la referendum  è dura ma forse è solo un gioco delle parti quella che in misura maggiore può provocare conflitti è la disunione tra le forze politiche curde che gestiscono i territori in cui sono maggioranza con proprie milizie e amministrazioni. A Sulaymanyah, controllata dal PUK, i contrari al referendum si lamentano che il governo e il business del petrolio siano in mano al partito di Barzani (KDP), e temono, in caso di conflitto con Bagdad,  di perdere le aree contese (prima tra tutte Kirkuk) che rappresentano  il 43% del territorio. Dall’altro lato il PKK, separato dal KDP da una profonda differenza  ideologica, ha proprio in Barzani il principale nemico. Solo Israele, per ragioni strategiche e storiche, non si oppone all’indipendenza curda. Il nodo maggiore è quello di Kirkuk o meglio dei suoi pozzi di petrolio necessari sia all’Iraq che al Kurdistan indipendente.  Proprio la  chiusura degli oleodotti sembra la minaccia più ricorrente ma difficile da attuare per le ripercussioni, economiche e politiche, che potrebbe avere. Si nota come poco prima del referendum, Rosneft, controllata del Cremlino, abbia firmato un’intesa con il Krg per la costruzione di una rete di gasdotti fino in Turchia.

 

  • ottobre viene adottata la Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo  (en) - 12816/17. Per quanto riguarda la Turchia si prende atto del “ deterioramento generale dei diritti umani” e si illustra come i progetti  si concentrino sulle questioni più critiche per il paese: libertà di espressione, controllo dei  media, accesso alla giustizia, lotta contro tortura e impunità, protezione e rispetto della diversità culturale. In risposta ad una petizione, la Commissione conferma il sostegno agli attivisti di Amnesty International che, dopo quattro mesi di detenzione, al processo vengono rilasciati in libertà condizionale.  Rimane in carcere Taner Kiliç, il presidente di Amnesty International Turchia. Per alcuni che acquistano la libertà altri, mentre lo stato di emergenza è prolungato per la sesta volta, vengono imprigionati. Il gruppo Kaynak, holding imprenditoriale con attività nei media, nel turismo e nella logistica, viene colpito da 110 arresti tra manager e lavoratori. L'accusa è di avere legami finanziari con l'organizzazione di Gülen. Invece per Osman Kavala, imprenditore, editore e attivista della società civile, non se ne conosce il motivo. Come molti altri potrebbe essere una vittima del sistema delle denunce remunerate nato ben prima del tentativo di colpo di stato. Viene approvato l’articolo di un progetto di legge per  il riconoscimento dei matrimoni religiosi celebrati, per “facilitare le procedure e garantire che i cittadini ricevano i servizi nel modo più rapido e semplice”, dai Mufti (alle dipendenze del Dyanet). Secondo  l’opposizione  la norma rischia di far diminuire i controlli sui casi di “spose bambine” e sui matrimoni non registrati. Melih Gökçek, sindaco di Ankara, si dimette dopo molte resistenze. È  solo uno degli amministratori che abbandonano il loro incarico su pressione di Erdoğan per rinnovare il partito e perché accusati del deludente risultato del referendum sul presidenzialismo. Il timore però è che questi possano presentarsi alle elezioni amministrative con liste civiche. Alla fine più di 80 municipi non hanno più il loro sindaco eletto ma lo scopo di Erdoğan è quello di  disporre del partito a suo piacimento in vista delle elezioni del 2019. A rendere ancora più intricato il panorama politico è la nascita di nuovo partito lo “Iyi Parti” (Buon partito). Obiettivo dichiarato della fondatrice Meral Aksener, già ministro dell’interno e figura di primo piano del nazionalismo turco, è quello di concorrere alla elezioni presidenziali. Il Consiglio Affari esteri appoggia pienamente la messa in opera del Piano d'azione congiunto globale sul nucleare iraniano e “invita gli Stati Uniti a mantenere il loro impegno nei confronti del PACG e a considerare le implicazioni per la sicurezza … prima di adottare ulteriori provvedimenti”. Le relazioni con gli Usa sono al centro della conferenza stampa dell’AR Mogherini e tra i principali crucci della Turchia che, dopo il nulla di fatto di settembre, vede le sue subire un nuovo rovescio a seguito di quella che viene chiamata la “guerra dei visti”. Per quanto riguarda i rapporti tra UE e Turchia si considera positivo il fatto che nessuna delle due parti abbia deciso di rompere unilateralmente il processo di adesione . Ma Ankara deve ritornare sul sentiero dei diritti mentre l’Europa deve decidere come “maneggiare” la Turchia. Dopo un anno di combattimenti Raqqa viene liberata con l’apporto decisivo delle milizie curde dell’YPG (neanche nominate nella dichiarazione UE).  La caduta della città pone fine allo Stato islamico ma non alla rivolta sunnita (più di 5000 miliziani di Daesh hanno il permesso di allontanarsi indisturbati) e apre una fase di profonda instabilità in cui Usa e Russia non potranno determinare le scelte dei paesi della regione. Turchia e Arabia Saudita cercano nuovi  interlocutori: il monarca saudita Salman va da Putin, Erdoğan da Rohani.  I sauditi perché impantanati nella guerra in Yemen, in rotta di collisione con una parte del mondo sunnita (Qatar e Turchia) e con l’Iran sciita. Erdoğan (per alcuni il nuovo problema del Medio oriente) sempre in contrasto con gli alleati occidentali,  con i vicini mediorientali e con la parte più attiva della popolazione,  cerca da Rohani un appoggio contro i curdi. Tutti sono contro l’indipendenza del Kurdistan, nessuno stato vuole rinunciare alle sue frontiere anche se più volte considerate frutto della spartizione occidentale. “In un mondo rispettoso del diritto e della giustizia la comunità internazionale avrebbe dovuto salutare il coraggio e la maturità politica di un popolo… che esprime così pacificamente le sue aspirazioni” (Kendal Nezan).  Le forze governative irachene attaccano Kirkuk (non difesa dai curdi divisi da profonde rivalità) e ne conquistano i pozzi petroliferi. Anche l’azione militare turca in Siria, nominalmente dispiegata per controllare il rispetto del cessate il fuoco, ha lo scopo di allontanare i curdi dalla frontiera. Per favorire il dialogo l’indipendenza viene congelata  ma  le truppe di Bagdad attaccano di nuovo le postazioni dei peshmerga che si ritirano rinunciando ai territori occupati in due anni di battaglie con l'Isis. Barzani a questo punto si dimette. L'UE destina all’Iraq un pacchetto di aiuti da 64 milioni di euro). In visita in Turchia il Commissario Stilianides conferma che il programma di aiuti ai rifugiati ha raggiunto un milione di persone.

 

  • novembre vengono adottate la Relazione annuale sulle politiche di aiuto umanitario dell'Unione europea e sulla loro attuazione nel 2016 (en) – Com(2017)662 e la  European Agenda on Migration: Consolidating progress made – COM(2017)669 – con, tra gli altri, l’allegato 2 Joint Action Plan on the implementation of the EU-Turkey Statement e l’allegato 3 Facility for Refugees in Turkey. La relazione è corredata dal documento Best practices on the implementation of the hotspot approach – SWD(2017)372. La politica di repressione del dissenso continua con il divieto, ad Ankara, di ogni evento legato a gruppi LGBT e con l’arresto  di Osman Kavala, mecenate che ha consacrato parte della sua ricchezza alla cultura e al dialogo tra etnie. In occasione dell’anniversario della morte di Ataturk, Erdoğan cerca di appropriarsi anche dell’eredità kemalista  pur se la maggior parte delle manifestazioni rimangono ad appannaggio dei suoi avversari. Il cammino scelto  per arrivare alle elezioni presidenziali prevede anche il controllo delle amministrazioni municipali. Cumuryet è di nuovo sotto tiro dopo la rivelazione della presenza dei nomi dei figli del primo ministro Yildrim nell’inchiesta  paradise papers.  La scarsa trasparenza in campo fiscale è segnalata anche dalla UE che valuta di inserire la Turchia nella lista nera dei paradisi fiscali. Nonostante la crescita sia ancora sostenuta  continuano ad aumentare, segnalandone la non sostenibilità, inflazione e debito pubblico. Ma è nella politica internazionale che la stella di Erdoğan pare offuscarsi. A complicare il già precario rapporto con gli USA è prima un reportage del Wall Street Journal in cui si rivela che Michael Flynn, ex consigliere della Casa Bianca, è indagato per aver ricevuto un'offerta di 15 milioni di dollari al fine di consegnare Gülen ai turchi poi il coinvolgimento nel processo Zarrab di Atilla, ex manager di Halkbank. L’accusa si chiede se gli interessi di Atilla siano in contraddizione con gli interessi di Halkbank, se ciò fosse provato risulterebbe chiaro che l’aiuto a Zarrab gli sia stato suggerito da esponenti politici turchi impegnati ancora ad insabbiare  una vecchia accusa nei confronti di Erdoğan e della sua famiglia riguardo movimenti illeciti di denaro. Al vertice ministeriale NATO l’AR Mogherini  oltre a ricordare i punti all’ordine del giorno invita il Segretario generale al successivo vertice europeo dove viene siglato un accordo di massima su una Permanent Structured Cooperation [PESCO] on defence che consentirà agli Stati membri che lo desiderino,  di sviluppare insieme capacità di difesa,  accrescere prontezza e contributo operativo delle rispettive forze armate. (Conferenza stampa). Ad aumentare la tensione tra Turchia e alleati occidentali  l’incredibile vicenda avvenuta durante le esercitazioni NATO in cui i ritratti di Ataturk e Erdoğan vengono usati come bersagli. Nonostante le scuse la Turchia ritira i suoi soldati, l’incidente dovrebbe essere preso molto sul serio vista la possibilità che incidenti del genere destabilizzino la percezione di una nazione riguardo i suoi alleati. Queste difficoltà si ripercuotono nell’intricato sviluppo diplomatico mediorientale dove il problema non è più Daesh ma il referendum di indipendenza dei curdi iracheni. Bagdad tra le misure di ritorsione taglia i pagamenti dovuti al governo regionale e si rivolge  alle tre province curde singolarmente rifiutando un ruolo al governo regionale. Entrambe le iniziative sono considerate incostituzionali dalla leadership curda. Erbil sommersa dai profughi, ora anche curdi fuggiti da Kirkuk e da  altre zone per paura delle milizie sciite, è stata costretta a comprare a credito medicine per oltre cento milioni di dollari. “Nessuno… avrebbe potuto immaginare che (dopo averli impegnati per tre interminabili anni in un combattimento corpo a corpo, metro per metro) li avremmo abbandonati al loro destino. E che, anzi, avremmo spianato la strada ai loro carnefici”. (Paolo Mieli). Il governo regionale curdo accetta alcuni pronunciamenti del Tribunale supremo federale. L’UE si aspetta ora un dialogo tra le parti ma dopo pochi giorni lo stesso Tribunale dichiara incostituzionale, con  verdetto inappellabile,  il referendum e ne annulla gli effetti. Intanto Erdoğan riceve da Trump assicurazioni sulla fine della vendita di armi alle YPG (le milizie curdo-siriane) ma chi muove le fila mediorientali è senz’altro la Russia.  Sochi ospita un incontro tra Putin e Assad e poco dopo un vertice con Iran e Turchia per definire il dopo Daesh. Il vertice sancisce che Assad rimarrà al potere ed  Erdoğan, per contenere le spinte autonomiste curde nel nord della Siria, dovrà per forza accettare questo accordo. Nel medio oriente che si profila all’orizzonte la Turchia si trova ora in una situazione di debolezza avendo fallito, dallo scoppio delle primavere arabe, ogni obiettivo geopolitico. Anche i sauditi si arrendono al crollo dei loro piani riguardo la Siria e, dopo un incontro con Putin (col quale sono impegnati nella gestione del mercato del petrolio), convocano a Riad una conferenza delle opposizioni al fine di formare una delegazione unita  in vista della riapertura dei negoziati di pace. Unici assenti gli jihadisti di al-Nusra e i curdi del PYD che la Turchia ha chiesto di non invitare.  E l’America? L’incontro al vertice APEC  tra Trump e Putin ha sancito una spartizione del Medio oriente fatta di zone di influenza e appoggio ai propri alleati che non porterà (forse) al cambiamento dei confini.  Gli USA potrebbero impedire la vittoria totale di Assad (preoccupazione anche dell'alleato israeliano) creando una sorta di governo autonomo nelle province settentrionali, quelle controllate dalle milizie ribelli. Il destino dei curdi siriani, sanno che nessuno può metterli al riparo dagli attacchi di Damasco o di Ankara, si intreccia quindi con quello della Siria e di Raqqa che potrebbe diventare una pedina di scambio per l’autonomia regionale. in una intervista il viceministro degli esteri siriano si sofferma su quattro punti: Raqqa e idlib (seppur liberate dagli jihadisti) non sono ancora sotto il controllo del governo siriano, i colloqui di Ginevra non hanno dato risultati perché soggetti alle agende di coloro che hanno armato i terroristi, la presenza di truppe straniere sul suolo siriano (statunitensi e turche) è una violazione della sovranità territoriale, gli amici della Siria sono ora ad Est,  non nell’Unione europea anche se rappresentati europei,  in segreto, cercano un dialogo. 

 

  • dicembre il presidente USA Trump decide di spostare l’ambasciata americana a Gerusalemme considerandola di fatto capitale di Israele. La UE esprime preoccupazione per la decisione. In un colloquio con il presidente palestinese Abbas l’AR Mogherini conferma la contrarietà ad un cambiamento di status alla città. Nella conferenza stampa a seguito del consiglio affari esteri l’AR Mogherini relaziona sui colloqui avuti con Netanyahu, in visita a Bruxelles, e Abbas cui ha confermato la posizione UE illustrata di nuovo nella relazione alla plenaria PE. Anche le Nazioni Unite bocciano a larga maggioranza la decisione USA. Nonostante proclami roboanti, le reazioni delle piazze arabe sono abbastanza contenute mentre a livello diplomatico l’agire americano lascia campo libero a Putin ed Erdoğan (e all’Iran). Il primo nel giro di pochi giorni incontra Assad, Al-Sisi e lo stesso presidente turco. Con Assad festeggia la vittoria su Daesh anche se in Siria una soluzione diplomatica è ancora lontana. I colloqui di Ginevra infatti segnano il passo e, anche se l’UE ne ribadisce il primato, l’asse Russia, Iran, Turchia si muove parallelamente all’Onu. Erdoğan da parte sua afferra al volo l’occasione per ergersi, a difensore dei palestinesi. Convoca una riunione straordinaria della Organization of Islamic Cooperation che nel comunicato finale dichiara Gerusalemme capitale dello Stato di Palestina. Tra Stati Uniti e Turchia sembra rientrata solo la questione dei visti mentre al processo Zarrab il presidente turco viene chiamato direttamente in causa dall’accusato. La percezione da parte dei cittadini turchi di questo caso è cartina tornasole della profonda divisione della società turca colpita dai processi ai professori universitari firmatari di un manifesto per la pace in Kurdistan, a Demirtas lider del partito curdo, ai giornalisti), dalle purghe nelle istituzioni statali, dalla guerra sempre più feroce al PKK e alla popolazione curda. Per Erdoğan la nota positiva è un inaspettato rialzo del PIL dell’11% nel terzo trimestre trainato da consumi interni ed export. Anche se l’inflazione permane alta prevale la linea degli aiuti fiscali e dei tassi bassi, usata da Erdoğan, a dispetto delle indicazioni della banca centrale, per rafforzare la leadership. Un decreto legge concede ai civili il diritto di intervenire con le armi in caso di colpo di stato, per la Segretaria generale dell’İYİ Parti Meral Akşener ciò “significa spingere il Paese verso una guerra civile”. Dopo mesi di tensioni i rapporti con l’Unione europea sembrano migliorare, anche se questa mette la Turchia sulla lista “grigia” dei paradisi fiscali. Si svolge il secondo Turkey-EU High-Level Economic Cooperation Meeting, viene autorizzata l’apertura dei negoziati per un accordo per lo scambio di dati personali tra Europol e le autorità turche per combattere il terrorismo – Com(2017)799 (con allegato). Da Berlino viene lanciata l’idea di usare il modello negoziale della Brexit per un’adesione parziale di Ankara. Viene pubblicata la comunicazione “Contributo della Commissione al dibattito tematico dei leader dell'UE sul futuro della dimensione interna ed esterna della politica di migrazione” (en) – Com(2017)820. Nella comunicazione si conferma il calo significativo della pressione migratoria a seguito dell’accordo UE-Turchia e la bontà dello “strumento dell'UE per i rifugiati in Turchia [che] è stato uno dei fattori che più hanno contribuito alla stabilità fra l'ampia popolazione di rifugiati in tale paese: tale strumento ha sostenuto il lavoro svolto dalla Turchia per garantire condizioni di vita essenziali, istruzione e servizi sanitari ai rifugiati”. Effettivamente la generazione di bambini siriani che non ha conosciuto il proprio paese viene inserita,  grazie agli aiuti della UE nel sistema educativo nazionale. Probabilmente Erdoğan si sta costruendo una generazione di cittadini devoti. L'innegabile la bontà di questa operazione però non può essere inserita nel contrasto alla radicalizzazione  che alcuni commentatori (B. Yinanc) dicono portata avanti dal presidente turco. Nella sua visita in Grecia, la prima di un leader turco da 65 anni, Erdoğan avanza richieste per la revisione del Trattato di Losanna, per la difesa della minoranza turca nella Tracia greca, chiede l’estradizione di 8 ufficiali considerati golpisti e infine accusa i greco-ciprioti per il fallimento dei negoziati per la riunificazione di Cipro. Fonti parlano anche di un patto segreto con Tsipras che permetterà il ritorno in Turchia di migranti che si trovano anche nella Grecia continentale, non solo di quelli sulle isole coperti dall’accordo tra Ue ed Ankara.