Turchia 2018

2018

 

  • gennaio in Iran si scatenano moti popolari. Fomentati all'inizio dall'ala più reazionaria della società iraniana, vengono poi cavalcati dai progressisti. Le manifestazioni provocano morti. L’Unione europea deplora la violenza ma supporta, in contrasto con gli USA, la piena attuazione dell’accordo sul nucleare. Erdoğan si reca in visita in Francia ma da Macron non riceve  alcuna assicurazione per una ripresa del processo di adesione. Il presidente francese sottolinea le distanze che separano UE e Turchia proponendo di fatto una partnership o una semplice cooperazione. Per molti il processo di adesione può dirsi definitivamente chiuso. Macron continua a volere una Turchia ancorata all’Europa ma le ambiguità europee (di cui la Francia da Sarkozy a Hollande è stato un buon esempio) lasceranno che Ankara si rivolga ad Est. Ad invelenire di più i rapporti con la Francia la condanna a 18 mesi di prigione, per quella che Liberation definisce la “giustizia di Re Ubu”, di Ragip Duran ex corrispondente turco del giornale. Gli fanno compagnia più di trecento contrari all’intervento militare in Siria. L’intento del “Duce del Mediterraneo” (Can Dündar) è quello preparare il terreno alle elezioni del 2019: colpire le voci contrarie, vengono destituiti anche molti sindaci,  gonfiare l’economia, con aiuti a pioggia che aumentano indebitamento e inflazione, compattare la nazione in una esaltazione del nazionalismo cui non sfuggono neanche le forze d’opposizione parlamentari, eccetto l’HDP. Anche se Erdoğan sembra al massimo del potere si fa strada la voglia di un cambiamento nella vita politica turca di cui potrebbe farsi portavoce l’ex presidente Gül. La Turchia dopo mesi di tensioni dovute al progetto USA di creare un esercito di sicurezza al confine con la Siria (di fatto composto da Curdi delle YPG) scavalca l’alleato americano e lancia una operazione militare, con l’obiettivo di cacciare i Curdi dal distretto di Afrin e creare una zona di sicurezza lungo tutta la frontiera con la Siria. Dopo Afrin toccherà quindi a Manbij che però ospita truppe statunitensi. Si arriverà ad uno scontro tra alleati NATO? O addirittura ad una alleanza Erdoğan-Assad contro i curdi? Mentre Mosca accusa gli USA di armare le YPG per cercare la disintegrazione territoriale della Siria, più a sud Assad attacca Idlib provocando le rimostranze di Ankara che accusa i siriani di colpire i ribelli suoi alleati. Anche se dettato dalla “legittima” volontà di non avere uno stato curdo ai suoi confini, l’intervento militare è un atto di arroganza che rischia di lasciare la Turchia senza alleati e con la guerra in casa. Quello che sembra certo è che, nel marasma delle dichiarazioni e degli intenti, ancora una volta i curdi saranno i perdenti. Pure avendo un ufficio di rappresentanza a Mosca si sentono traditi dai russi e si ritirano dai colloqui di pace di Sochi (dichiarazione finale). Si ritira anche la Syrian Negotiation Commission alla quale Mogherini conferma l’aiuto UE ma solo a processo di pace messo in moto. A fine mese l'AR incontra anche il ministro degli affari esteri turco Ömer Çelik Al centro dei colloqui le relazioni UE-Turchia e l’operazione militare di Afrin. Viene pubblicata la comunicazione congiunta Elementi per una strategia dell'UE relativa all'Iraq (en) JOIN/2018/01. La strategia, ribadendo la necessità che sia mantenuta l’unità territoriale irachena, si impernia su definire le sfide che il paese deve affrontare, individuare gli obiettivi strategici UE e le priorità delle azioni. Si prende atto che il successo della strategia dipenderà dalla volontà politica dei responsabili nazionali. Il consiglio affari esteri è imperniato sul processo di pace israelo-palestinese. A margine del Consiglio una colazione informale con il presidente palestinese Mahmoud Abbas al quale l’AR Mogherini conferma la volontà UE di arrivare ad una soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati con Gerusalemme capitale di tutte e due. Nella conferenza stampa ribadisce la necessità di preservare un quadro di negoziazioni multilaterale che non coinvolga solo gli USA. Viene adottata la nuova strategia sull’Iraq.

 

  • febbraio Nicos Anastasiades viene rieletto presidente della Repubblica di Cipro. Parlando agli elettori conferma di voler continuare sulla via della riunificazione dell’isola. Il nodo della riunificazione passa però in secondo piano rispetto alle mire di Ankara sui giacimenti di gas scoperti nelle acque cipriote. Ne fa le spese una nave di trivellazione italiana bloccata dalla marina turca. Il blocco ha anche sapore di ritorsione dopo che la visita in Italia ha mostrato la freddezza di Gentiloni e Mattarella nei confronti dell’operato di Erdoğan. Meglio sembra andata la contemporanea visita al Papa col quale il presidente turco condivide la contrarietà alla proposta di Trump su Gerusalemme. La (piccola) crisi con l’Italia fa parte della crisi, ben più profonda, con l’UE. Diritti umani, libertà civili (il PE pubblica relazione “Situazione attuale dei diritti umani in Turchia” - PA(2018)40), caccia all’opposizione, intervento militare ad Afrin, aggressività in Mediterraneo sembrano isolare la Turchia con la quale però si predispone un nuovo vertice per Marzo. Mentre in Iraq si pensa a ricostruire in Siria continuano distruzioni e massacri a Ghouta come ad Afrin. La Turchia vuole occupare il Rojava per creare una zona araba che divida i curdi turchi e siriani (progetto abbozzato negli anni ’60 dai siriani stessi). I curdi non hanno che alleati di facciata, i siriani si schierano al loro fianco solo per opporsi all’invasione turca. In Turchia la guerra contro i curdi è qualificata come “Jihad” dal Diyanet e la fatwa è ripetuta dalle moschee da imam pagati dallo stato. I cittadini turchi sono costretti a partecipare all’esaltazione nazionalista, chi non lo fa è considerato un traditore. Per un giornalista scarcerato, il tedesco Deniz Yücel, altri sei sono condannati all’ergastolo. Unico punto di contatto tra UE e Turchia, oltre al ruolo di gendarme che Ankara svolge nel fermare le ondate di rifugiati, è lo scambio economico. Nel 2017, contro ogni previsione, il PIL turco è aumentato più del 6%. Il problema che la crescita poggi  sulla centralizzazione dell’attività economica, su un settore privato molto indebitato, sulla messa in opera di mega progetti infrastrutturali come il terzo aeroporto di Istanbul, sul mancato calo della disoccupazione (al 10.3% ottobre 2017), su un incremento del  debito pubblico (passato dal 1,2% al 3%) non interessa ad Erdoğan teso a far arrivare con le tasche piene i suoi elettori alle elezioni presidenziali del 2019, che hanno buone possibilità di essere anticpate all'anno in corso. La disponibilità di denaro spinge aziende turche a comprare aziende straniere, per lo più europee. L'UE è il principale partner economico naturalmente anche l’Italia è della partita. L’adozione della comunicazione “Una prospettiva di allargamento credibile e un maggior impegno dell’UE per i Balcani occidentali”  (en) Com(2018)65 – (Strategia per i Balcani) è dettata anche dalla necessità di contrastare la crescente influenza della Turchia nella regione. La Strategia fa perno su sei punti: stato di diritto, sicurezza, sviluppo socio-economico, connettività e agenda digitale. Riferendo al PE, l’AR Mogherini sottolinea i progressi nelle relazioni UE-Balcani ma stima non prima del 2025 la fine delle negoziazioni. Dopo 15 anni si mette in calendario un vertice a maggio mentre a metà mese, a Sofia, se ne svolge uno informale. La riunione informale dei Capi di Stato e di governo dell’UE si concentra sui problemi legati alle negoziazioni sul bilancio UE e sull’evoluzione delle istituzioni anche a seguito della Brexit. L’idea di Junker della fusione delle cariche di presidente della CE e del PE non viene presa in considerazione “poiché tale fusione ridurrebbe in maniera sostanziale il ruolo degli Stati membri nell'UE”.

 

  • marzo allo scoccare del settimo anno di guerra in Siria, nel riferire al PE, l’AR Mogherini richiama le parti al rispetto della risoluzione 2041 dell’ONU per un cessate il fuoco di 30 giorni. Ricorda la centralità dei negoziati di Ginevra salvo poi rivolgersi a Russia, Iran e Turchia come garanti delle zone di descalation individuate nei colloqui di Astana. Il Parlamento Europeo nella risoluzione sulla “situazione in Siria” P8_TA(2018)90 è sulla stessa lunghezza d’onda ma in più “rammenta… che gli attori di detti crimini, che siano Stati o individui, saranno tenuti a rispondere”. Non prestando ascolto ai moniti europei l’operazione turca su Afrin continua fino alla caduta della città. Per evitare ritorsioni fuggono 250.000 Curdi. Gli eroi di Kobane e della lotta contro Daesh, sono attaccati da “un esercito Nato, che usa elicotteri italiani, che attacca insieme all'Esercito Libero Siriano composto da jihadisti riciclati». Il solo Macron, si propone per una mediazione con la Turchia. Per tutta risposta Erdoğan minaccia la Francia. Ora cosa succederà? Le operazioni di Afrin e Goutha si sono fatte con il consenso delle parti. Iran, Turchia e USA controllano una parte della Siria ognuno appoggiando il proprio alleato ciò potrebbe far pensare che i grandi scontri militari siano terminati altrimenti le tre potenze finiranno per confrontarsi direttamente. Aydin Doğan, imprenditore laico inviso ad Erdogan, vende a Yildirim Demiroren (di fatto smantellando il settore media della sua holding) il quotidiano Hurryet, dopo la chiusura di Zaman il più importante della Turchia. Dopo questa vendita 21 dei 29 quotidiani (il 90% delle copie pubblicate) a tiratura nazionale fanno parte della stretta cerchia attorno al capo dello Stato. Il sistema democratico turco, già minato dalle fondamenta, viene ulteriormente indebolito. (alcuni commenti di giornalisti di Hurryet: M. Yetkin, B. Yinanc, Yusuf Kanli, F. Bildirici). Il rapporto ONU Report on the impact of the state of emergency on human rights in Turkey, including an update on the South-East sottolinea come il protrarsi dello stato di emergenza si sia tradotto in una persitente e pervasiva violazione dei diritti umani. La società civile turca è allo stremo e non sembra più avere la forza di far sentire la sua voce. Vengono pubblicate le comunicazioni Adattare la politica comune in materia di visti alle nuove sfide (en) Com(2018)251, Relazione sullo stato di attuazione dell'agenda europea sulla migrazione (en) - Com(2018)250, Seconda relazione annuale sullo strumento per i rifugiati in Turchia   (en) - Com(2018)91. La Turchia ospita più di 3,8 milioni di rifugiati e migranti (per lo più siriani), il numero più alto al mondo ma grazie all’aiuto UE è riuscita a gestire i flussi verso l’Egeo riducendoli in maniera drastica (dai circa 182.000 del 2016 ai 41.000 del 2017). La dotazione totale dello strumento nel periodo 2016-2017 è di 3 miliardi di euro. Lo strumento, oltre all’assistenza umanitaria, ha contribuito a rafforzare la capacità della guardia costiera turca consegnando sei imbarcazioni. La Commissione europea visti i risultati positivi enunciati nella relazione, emana una decisone - C/2018/1500 per mobilitare ulteriori altri 3 miliardi di euro nel periodo 2018-2019. La Corte dei Conti europea però, pronunciandosi sui risultati raggiunti dagli aiuti di preadesione nella relazione  «L’assistenza preadesione dell’UE alla Turchia: risultati finora poco soddisfacenti» (en) - Relazione speciale n 7/2018 - nota come “a causa della mancanza di volontà politica e dell’uso limitato di condizioni da parte della Commissione, l’assistenza dell’UE non ha risposto in maniera soddisfacente ad alcune esigenze fondamentali… La Corte pertanto formula una serie di raccomandazioni affinché siano apportati miglioramenti, fra cui un’assegnazione più mirata dei fondi e un maggior ricorso alla condizionalità”. Il Consiglio europeo di primavera si concentra sulle questioni economiche. Per ciò che riguarda la Turchia sblocca la seconda tranche di tre miliardi anche se una inchiesta rivela come sia probabile che mezzi corazzati comprati con i soldi UE e destinati al controllo delle frontiere, siano stati usati nella presa di Afrin. La condanna delle continue azioni illegali nel Mediterraneo orientale e nel mar Egeo provocano la reazione turca di nuovo in rotta di collisione con la Grecia. A fine mese si svolge a Varna un vertice tra UE e Turchia con la partecipazione di Junker, Tusk, Boyko Borissov ed Erdoğan . Si discute delle azioni che accomunano: cooperazione in campo energetico, lotta al terrorismo, gestione delle migrazioni e assistenza Ue alla Turchia ma anche di ciò che divide: la situazione dello stato di diritto, le azioni turche in Mediterraneo, l’intervento ad Afrin, la liberalizzazione dei visti. Nonostante le attese non fossero molte si erano notati segnali di distensione, ci si aspettava quindi qualche progresso nel riannodare il dialogo interrotto, invece non si registra alcun passo concreto in avanti.

 

  • aprile Ankara ospita un vertice con Russia e Iran sulla situazione in Siria, l’unità di intenti sfoggiata alla fine della riunione è ad uso e consumo dell’Occidente marginalizzato, a seguito degli errori europei  e americani. In realtà i contrasti tra i tre attori sono molti avendo ognuno delle finalità  differentiNel Consiglio Affari esteri i ministri europei discutono degli ultimi sviluppi in Siria compresi gli attacchi aerei mirati su impianti di armi chimiche. Nelle conclusioni (en) (7956/18) il Consiglio deplora l’aumento della violenza e il deterioramento della situazione umanitaria anche nella zona di Afrin conquistata dai turchi. In vista della seconda conferenza di Bruxelles sul futuro della Siria si conferma la necessità di una soluzione politica al conflitto e si ribadisce la necessità di continuare a censire i crimini commessi al fine che non rimangano impuniti. Queste posizioni vengono ribadite nell’audizione della Mogherini al Parlamento europeo. Nella conferenza stampa a seguito del Consiglio l’AR si sofferma anche sulla necessità di preservare l’accordo nucleare con l’Iran (a fine mese rispondendo a Netanyahu afferma che L’AIEA è l’unica organizzazione imparziale che può esprimersi su questo argomento) e di approfondire le relazioni con i Balcani in vista di un futuro ingresso nell’UE. Il rinnovato interesse per i Balcani, dettato dalla paura che gli appetiti turchi e russi possano allontanarli dall’Europa, spingono Mogherini e Tusk ad intraprendere un giro diplomatico nella regione. Viene contemporaneamente pubblicata la Communication on EU Enlargement Policy - Com(2018)450 (allegato) con i report sui singoli paesi. Il Turkey 2018 Report  – SWD(2018)153 mostra naturalmente un quadro negativo. I 31 decreti presi nell’ambito dello stato di emergenza, non sottoposti al controllo parlamentare e della Corte Costituzionale, hanno ristretto le libertà civili e politiche. La Commissione per i ricorsi, istituita nel dicembre 2017, ha dato riparazione a pochissimi casi inoltre il controllo giurisdizionale cui è sottoposta ne inficia grandemente l’efficacia. Lo stato di emergenza ha condotto non solo alla carcerazione di parlamentari ma alla decadenza del loro seggio. Il trasferimento di competenze ha rafforzato il governo che ha anche rimosso moltissimi amministratori locali. In generale si nota un regresso nella indipendenza della magistratura, nelle libertà di espressione, di riunione, di associazione e nei diritti di proprietà (molti media hanno visto decadere i consigli di amministrazione sostituiti da uomini legati al governo). La lotta contro la corruzione non ha fatto passi avanti. Anche sulla questione cipriota non ci sono novità per cui le conclusioni del 2006 restano valide e non saranno aperte negoziazioni su otto capitoli. Le tensioni con Cipro si sommano ai ripetuti incidenti con la Grecia. L’economia turca è in stato di grazia ma la crescita si accompagna ad un grave deficit di bilancio, ad una alta inflazione (11,1 % nel 2017) e ad una parte informale importante. Accanto a questo la tendenza a rinforzare il controllo dello stato nella sfera economica colpendo imprese e uomini d’affari di opposizione come sottolineato anche nel contemporaneo Economic reform programme of Turkey (2018-2020) - SWD(2018)130. Su proposta del MHP, alleato del partito di governo, le elezioni previste per il 2019 sono anticipate a giugno di quest’anno. L’intento di Erdoğan è chiaro: cavalcare la sua popolarità, una crescita economica ancora vivace e la guerra ai Curdi sia in patria che in Siria. Tre punti di forza che però mostrano segni di crisi. La popolarità del presidente è contrastata dai nomi della Askener e dell’ex presidente Gül (che pur dicendo di non voler candidarsi non ha chiuso ancora completamente la porta) come sfidanti non destinati a sicura sconfitta. La crescita economica mostra segni debolezza mentre la svalutazione della moneta mette in crisi le imprese. L’anticipo delle elezioni impone ai partiti di opposizione una corsa contro il tempo per organizzare la campagna elettorale. Ma la nuova legislazione sulle alleanze elettorali, che abolisce la soglia nazionale, apre scenari imprevedibili se i partiti di opposizione riuscissero a coalizzarsi.  È in quest’ottica che 15 deputati del CHP passano nel partito di Meral Aksener permettendole avere il numero minimo di deputati per creare un gruppo parlamentare e quindi poter partecipare alla corsa. Lui, il presidente, è pronto da tempo il suo partito è rodato (ed epurato), ha fatto piazza pulita degli oppositori, controlla la quasi totalità dei media, lo stato di emergenza gli permette di agire come vuole. Se vincerà la Turchia kemalista sarà definitivamente sepolta, la sua figura esaltata come quella di un eroe, il legame con la tradizione islamica e imperiale ricostituito. A fine mese a Bruxelles si apre (Mogherini) la conferenza Sostenere il futuro della Siria e della regione  - La conferenza mobilita aiuti per un valore totale di 4,4 miliardi di $ per il 2018, nonché impegni pluriennali per un valore di 3,4 miliardi di $ per il periodo 2019-2020 (Financial Tracking Report) Oltre 13 milioni di siriani hanno attualmente bisogno di assistenza umanitaria e più di 5,6 milioni di rifugiati siriani sono sfollati al di fuori del paese. La dichiarazione al termine dei lavori e la conferenza stampa della Mogherini confermano il sostegno all’inviato ONU per l’avvio di un processo politico basato anche sui dodici "Living Intra-Syrian essential principles" sviluppati in comune nei negoziati di Ginevra.

  • maggio il PE pubblica lo studio EU funds for migration, asylum and integration policies. Il volume offre un’analisi e una valutazione sull’uso dei fondi basate su informazioni disponibili pubblicamente, approfondimenti tratti da interviste e da ONG. Lo studio offre anche alcune raccomandazioni su come migliorare l’uso dei fondi e sulle chiavi di l’allocazione. Viene pubblicata la Relazione sullo stato di attuazione dell’agenda europea sulla migrazione(en) – (allegati) Com(2018)301. La diminuzione degli arrivi prosegue nei primi tre mesi del 2018. Nelle settimane precedenti il 6 maggio nelle isole greche ci sono stati 9.349 arrivi rispetto ai 5.582 dello stesso periodo 2017. Si registra però un aumento significativo di attraversamenti dalla Turchia alla Grecia attraverso la frontiera terrestre. Alla frontiera segnata dall’Evros si registrano sempre di più turchi in fuga dalle purghe di Erdoğan. A poche settimane dalle elezioni, dopo la rinuncia di Gül, gli schieramenti sono fatti, ci saranno 6 candidati per le presidenziali e due grandi blocchi per le legislative. L’HDP fuori da ogni alleanza, con la leadership agli arresti e scarsa copertura mediatica, è in bilico, se passerà lo sbarramento del 10% sarà trionfo altrimenti i suoi voti andranno ad incrementare quelli dell’AKP. I partiti di opposizione sperano di mandare Erdoğan al ballottaggio per poi concentrare i voti sul candidato rimasto. Oltre ad Erdoğan i candidati alle presidenziali sono: Muharrem Ince (CHP Cumhurriyet Halk Partisi -  Partito Popolare Repubblicano - kemalista). Dopo l’infausta strategia del 2014 il CHP propone un candidato laico dell’ala sinistra seguace delle idee di Atatürk. A suo favore la notevole capacità retorica e il dire le cose come stanno. Ha accusato Erdoğan di essere dietro al tentativo di colpo di stato. Ha visitato il candidato Demirtaş in carcere. Selahattin Demirtas (HDP Halklarin Demokratik Partisi – Partito Democratico dei Popoli – curdo). Già copresidente del partito, accusato di terrorismo farà la sua campagna elettorale dal carcere dove è rinchiuso. Da avvocato ha difeso i diritti umani e delle minoranze per 20 anni. È il solo capace di mantenere nello stesso tempo la base tradizionale del voto curdo e di allargarla alla società civile. Temel Karamollaoglu  (SP Saadet Partisi – Partito della felicità). Il partito fondato da Erbakan, uno dei maestri di Erdoğan, è di stampo islamo-conservatore ma il programma elettorale di SP rifiuta il presidenzialismo e si spende per un dialogo serio con i Curdi. Meral Akşener (İYİ PARTİ – Buon partito). È stata ministro degli interni nelle fila del MHP ma se ne è allontanata fondando, nel 2017, un partito sempre di centro destra ma più moderato. Considera Erdoğan un autocrate, non rifiuta a priori un dialogo con i curdi ma ha rifiutato di inserire nell'alleanza l'HDP. Per presentarsi alle elezioni ha avuto bisogno di 15 parlamentari del CHP che sono stati “prestati” al suo gruppo. Doğu Perinçek (Vatan Partisi – Partito patriottico) è stato molte volte perseguitato per la sua militanza di sinistra è stato anche accusato di aver aiutato il PKK. La Turchia è stata condannata due volte dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo per abusi nei suoi confronti durante i processi cui è stato sottoposto. Anche l’AKP non corre da solo. Si è alleato con gli ultra-nazionalisti del MHP perché i sondaggi non assicurano una vittoria al primo turno. Ad Edirne (in Tracia) e nella parte egea della penisola anatolica il racconto neo-ottomano del presidente mostra i suoi limiti. La continua repressione, l’uso elettorale della “Edoganeconomics” (con il corollario di enormi progetti speculativi), il deprezzamento della lira turca, la mancanza di una leadership economica indipendente, le tensioni in Medio Oriente e con gli Stati Uniti (Atilla viene alla fine condannato per violazione dell’embargo all’Iran) con l’UE (Il Parlamento europeo ha deciso di non inviare osservatori alle elezioni del 24 giugno e di non commentarne i risultati) creano un clima di grande incertezza per il futuro. L’attivismo elettorale di Erdoğan tracima anche in Europa. A Sarajevo svolge in un comizio elettorale dai toni accesi, oltre al comizio ha colloqui con Bakir Izetbegovic che nella presidenza tripartita nazionale rappresenta il popolo bosniaco e musulmano. Sono in molti a ritenere che il Reis tenti di ristabilire l’influenza turca nella regione. Il presidente Trump annuncia il ritiro degli USA dall’accordo sul nucleare iraniano creando nuove tensioni nella regione. In un meeting tra il rappresentante iraniano, i partner europei e l’UE si cerca di bypassare la decisione americana. La crisi iraniana si incrocia con il Summit dei Balcani Occidentali (en), alla viglia dell’incontro Tusk invita i colleghi balcanici a discutere non solo delle tematiche europee ma anche delle politiche di Trump in materia economica e di Iran. La dichiarazione finale (Dichiarazione di Sofia - en) declina una serie di azioni per rafforzare la cooperazione nelle aree della connettività, della sicurezza e dello stato di diritto ma non parla dell’ingresso nell’UE. A fine lavori Tusk deve precisare che “l'agenda per la connettività non è un'alternativa all'allargamento, né un suo sostituto [ma] un modo… affinché i cittadini e le imprese non debbano attendere per beneficiare dei vantaggi derivanti dall'integrazione dell'UE” e, sulle politiche di Trump, conferma che l'UE seguiterà far parte dell’accordo “fino a quando l'Iran continuerà a tenere pienamente fede agli impegni assunti”  e che la Commissione agirà ogni qualvolta gli interessi delle imprese europee siano colpiti. Con il summit di Sofia la UE cerca anche di contrastare l’attivismo di Erdogan (e russo). Paesi balcanici, UE e Turchia si incontrano di nuovo al Dialogo economico e finanziario. Il dialogo è volto a preparare gli stati alla loro futura partecipazione al coordinamento delle politiche economiche dell'UE. Nelle conclusioni - 8884/18 si invita la Turchia ad attenuare gli squilibri esterni che costituiscono un rischio sostanziale per l'economia, a rendere più prudente lo scenario economico a medio termine, a concentrarsi sulla stabilità dei prezzi garantendo che l'orientamento della politica monetaria tenti di frenare l'inflazione e aumentare la fiducia nella valuta locale. Facendo seguito alle chiare parole della Mogherini contro il discorso di Mike Pompeo agli iraniani il Consiglio Affari esteri conferma ciò che era già stato deciso a Sofia. La recessione americana dall’accordo favorisce immediatamente ad un aumento della tensione in Medio Oriente e nei rapporti tra i paesi di quello che una volta si chiamava Occidente

 

  • giugno viene pubblicato il Report on EU-Armenia relations in the framework of the revised ENP  il rapporto prende atto che, nonostante gli sforzi UE, il confine con la Turchia rimane chiuso. Per il controllo dei confini  sono state create unità miste russo-armene. Come previsto da Tusk al Summit del G7 in Canada i colloqui sono tesi. Le divergenze con gli USA sul commercio, cambiamento climatico e accordo sul nucleare iraniano sono così profonde che Trump ritira il sostegno al comunicato finale. La riunione, secondo gli osservatori, ha incrinato ulteriormente i rapporti tra gli Stati Uniti e gli alleati storici. A fine lavori Junker parla anche di uno scollamento interno alla UE su Russia e migranti. Viene pubblicato il Third report UE-NATO. I ministri della difesa si compiacciono dei progressi compiuti nella cooperazione tra NATO e paesi UE non appartenenti alla NATO e nell’attuazione della Permanent Structured Cooperation (Mogherini). L’accordo che Atene e Skopje raggiungono sull’uso del nome “Macedonia” può inquadrarsi anche in questo contesto oltre che nella nuova attenzione che la UE dedica al processo di allargamento nei Balcani. Si riunisce il comitato direttivo dello Strumento UE per i rifugiati in Turchia per discutere l'orientamento strategico per la seconda tranche da 3 miliardi di euro. Poco dopo viene proposto un progetto di bilancio rettificativo (PBR) (en) - 9713/18 che prevede il finanziamento, nel 2018, dell'estensione dello strumento per i rifugiati in Turchia per un importo pari a 500 milioni di euro. Anche il PE pubblica una relazione - A8-0246/2018 - su questo punto. Secondo il rapporto IAI Bottom-up Approaches to EU–Turkey Migration Cooperation nella cooperazione UE-Turchia, “è necessario ridare priorità al rispetto dei diritti umani e al diritto internazionale, poiché gli approcci restrittivi e strumentali attualmente predominanti hanno ricadute negative non solo per i migranti, ma anche per lo sviluppo di un sistema di governance della migrazione attento ai diritti, per la capacità della società civile di difendere posizioni pro-diritti, nonché per una più ampia coesione sociale in Turchia”. Alla vigilia delle elezioni gli oppositori, che siano scrittori come Ahmet Altan o politici come il candidato dello HDP Selahattin Demirtaş restano in carcere. L’erosione della struttura democratica (il clima dei processi è ben descritto dallo stesso Altan in “Ritratto dell’atto di accusa come pornografia giudiziaria”,  edizioni e/o, 2017) è tale che la UE deve ricordare alla Turchia che per buone “relazioni bilaterali” sono necessari sviluppi concreti nei campi dello stato di diritto, dell’indipendenza della magistratura e delle libertà fondamentali. Erdoğan sembra stanco, lo stesso anticipo del voto è un azzardo calcolato per prevenire il deterioramento della sua figura e del contesto economico. In questa tornata elettorale entra in gioco anche la guerra in Siria. L’intervento contro i curdi ad Afrin ha avuto una ricaduta positiva e, seppur fallito il progetto di dare la cittadinanza ai profughi, i pochi (ex) rifugiati che possono votare voteranno per lui. Anche perché i partiti della coalizione di opposizione, l’Alleanza della Nazione, chi più chi meno, vorrebbero rimandarli a casa. Questo climax è confermato dai risultati elettorali, non dalla netta vittoria di Erdoğan al primo turno (52,6 %) ma dalla perdita di voti del suo partito (dal 47,9 del 2015 al 42,4 di oggi) e dalla permanenza dei curdi in Parlamento che, da soli, riescono a superare la soglia del 10%. Il voto, con un tasso di partecipazione del 90%, (la missione di osservazione dell’OSCE ne conferma la regolarità ma rimarca come la campagna elettorale non abbia dato pari opportunità a tutti candidati) consegna una Turchia divisa in tre. La costa egea e la Tracia dove il CHP (il cui leader Ince ha avuto su base nazionale un numero di voti superiori a quelli suo partito,  il 31%) e gli alleati hanno avuto circa il 60% dei voti; il sud-est curdo con la vittoria del HDP (ma con una poco chiara affermazione del MHP) e il resto del paese che ha votato in massa per il Presidente (con punte del 70% nella zona del Mar Nero). Nelle grandi città il voto è diviso a metà tra sostenitori e avversari dell’AKP. Con la maggioranza in Parlamento, i poteri della nuova costituzione e l’investitura popolare Erdoğan  avrà pieni poteri anche se, per la prima volta, non potrà fare a meno di un’altra forza politica, gli alleati del MHP. Secondo Esmahan Aykol «Erdogan, il suo partito, e la sua gang, non possono perdere, altrimenti devono pagare. Forse ci potrà essere un modo attraverso pressioni internazionali, o una guerra civile, purtroppo. Ma legalmente non c'è alcuna chance di schiodarlo”. D’altro canto la deriva della democrazia turca prende corpo nella figura di un presidente amato dalla maggior parte della popolazione anche quella residente in Europa. (altri commenti). Il successivo Consiglio “Affari Generali” dedicato all’allargamento - conclusioni (en) 10555/18 - riafferma la necessità di una rigorosa condizionalità confermando che lo stato di diritto è al centro del processo di allargamento. Per quanto riguarda la Turchia, dopo aver elencato tutte le “mancanze” di Ankara e aver rilevato che “le ultime modifiche della costituzione turca… non prevedono un sufficiente sistema di bilanciamento dei poteri […] constata che la Turchia si è allontanata ulteriormente dall'Unione europea. Pertanto non si può prendere in considerazione l'apertura o la chiusura di nuovi capitoli e non sono previsti ulteriori lavori intesi alla modernizzazione dell'Unione doganale UE-Turchia”. Al suo arrivo per il Consiglio europeo di giugno l’AR Mogherini sottolinea i progressi nella diminuzione degli sbarchi illegali e nella cooperazione militare-industriale europea e NATO. Il Consiglio però segna la definitiva impasse del processo decisionale europeo. Forse è mostrando il lato peggiore, una cacofonia nazionalista alla quale si aggiunge ora anche l’Italia, che l’Europa cerca di eliminare il “fattore di attrazione” di cui si parla nelle conclusioni (en) - EUCO 9/18, verso le sue coste. Per ciò che riguarda la Turchia si “conviene l'erogazione della seconda quota dello strumento per i rifugiati in Turchia”. Si tratta di 3 mld di euro dei quali 2 saranno finanziati dal bilancio dell'UE e 1 mediante contributi degli Stati membri in funzione della rispettiva quota nell'RNL dell'UE. Nella conferenza stampa a fine lavori il presidente Tusk realisticamente, riguardo l’accordo sulla migrazione, afferma che è “troppo presto per parlare di successo [l’accordo] è stata la tappa più facile, rispetto alle sfide che ci attendono sul campo riguardo alla sua attuazione”.

 

  • luglio al vertice Nato Trump attacca senza remore l’Unione europea accusata di non versare le “quote” per il funzionamento della struttura militare e minaccia di abbandonare l’Alleanza. Anche l’alleato turco vengono promesse pesanti sanzioni se non dovesse liberare il pastore evangelico Andrew Brunson accusato di rapporti con il PKK e con l’organizzazione di Gülen. Lo scontro ha radici nella lunga crisi nei rapporti tra USA e Turchia aggravati ora dalle politiche economiche di Trump. Da parte sua Ankara si trova ad affrontare una massicci fuga degli investitori dovuta alla fragilità dei mercati e alle incertezze che circondano il nuovo sistema amministrativo e l’azione futura della “iperpresidenza” di Erdoğan. Il primo atto è la formazione del nuovo governo, è formato da 16 ministri, tutti fedelissimi del presidente che affida il dicastero dell'economia a suo genero dal quale il mondo economico turco si aspetta al più presto un programma economico a medio termine. Viene finalmente decretata la fine dello stato di emergenza ma molte delle norme saranno inglobate in una legislazione corrente altrettanto dura. Chi farà le spese della dittatura di Erdoğan? L'opposizione ancora una volta messa in difficoltà dall’anticipo delle elezioni amministrative a novembre. I Curdi già colpiti pesantemente in patria e in Siria, ad Afrin, temono un giro di vite ancora più duro anche perché il partito nazionalista (MHP) nelle regioni curde ha aumentato i suoi voti a scapito proprio del partito di governo mentre lo stesso HDP ha perso voti. La gente comune che lavora e le migliaia di licenziati durante il periodo delle purghe colpiti dalla svalutazione della lira (negli scenari peggiori preludio ad un fallimento di stato). I profughi siriani dei quali, secondo Human Right Watch, si è sospesa la registrazione senza la quale non è possibile accedere agli aiuti (europei) rischiando anche l’arresto e la deportazione. L’Unione europea, troppo interessata a bloccare il flusso di migranti, chiude gli occhi. Si pronuncia invece sulla decadenza dello stato di emergenza sottolineando che “ the adoption of new legislative proposals granting extraordinary powers to the authorities and retaining several restrictive elements of the state of emergency would dampen any positive effect of its termination”. Le relazioni con l’UE sono ridotte a poca cosa e si muovono sulla scorta di interessi contingenti. Si svolge a Londra il Western Balcan Summit. Nelle conclusioni si conferma la prospettiva di allargamento delineata nell’azione UE dell’ultimo anno.

 

  • agosto vengono scarcerati il presidente di Amnesty International e i due militari greci accusati aver varcato la frontiera turca. A chi ritiene che il presidente turco possa ora allentare la presa Asli Erdogan risponde di non fidarsi, la Turchia è ormai un regime fascista dove la giustizia, dopo le epurazioni, è gestista da giudici ventenni senza esperienza ma fedeli al capo. L’avvio del nuovo sistema istituzionale ignora la costituzione ancora in vigore. La nuova legge antiterrorismo non fa che consolidare le misure dello stato di emergenza, il controllo del ministro della difesa sullo stato maggiore è un gesto di alto valore simbolico ma è la natura democratica di questo controllo che è in dubbio. Sulla scena internazionale la Turchia è al centro di tensioni su più fronti. I dazi americani spingono le relazioni con gli USA in un groviglio di ritorsioni economiche e politiche che potrebbero far male ad entrambi i contendenti. Il casus belli è il rifiuto da parte della giustizia turca di liberare il pastore evangelico Andrew Brunson. In ritorsione al diniego USA all’estradizione di Gülen e alle sanzioni comminate per la detenzione del pastore stesso la Turchia raddoppia i dazi su alcuni prodotti americani. Le tensioni portano al collasso la lira turca già sotto pressione per la cattiva salute delle banche, l’inflazione galoppante, l’indebitamento delle imprese. Secondo gli analisti sarebbero necessari un aumento dei tassi da parte dalla Banca centrale, l’aiuto del FMI e un cambiamento di politica economica. Tutto questo però non sembra all’orizzonte: il ministro delle finanze Berat Albayrak non prende in considerazione l’aiuto FMI mentre lo stesso Erdoğan non è disposto a seguire i suggerimenti della TUSIAD con la quale da parecchio tempo è in rotta di collisione. Di fronte alla crisi Erdoğan preferisce appellarsi ai suoi sostenitori denunciando un complotto ai danni della Turchia e minaccia, rivolto all’occidente, di cercare altri alleati. Improvvisamente accomunate dai problemi creati dall’amministrazione USA, Turchia ed Europa si ritrovano più vicine. Questo nuovo clima, secondo alcuni commentatori, dovrebbe spingere il governo turco a registrare la politica estera e allentare la pressione all’interno così che “the support of the EU countries for Turkey against America might even increase in an unexpected rate”. Un altro segnale sta nella probabile convocazione, dopo una pausa di tre anni, del gruppo d'azione di riforma dell'UE ma anche qui sarebbe necessaria una chiara agenda democratica che Macron vede contraddetta da una deriva islamista e repressiva. Anche nell’intricato scacchiere mediorientale le esigenze di Turchia ed Europa sono simili. Così se da un lato ad Afrin la popolazione curda è soggetta ad ogni sorta di vessazioni da parte delle milizie islamiste al soldo di Erdoğan, dall’altro il paventato attacco dell’esercito siriano ad Idlib (ultima roccaforte dei ribelli) viene scongiurato e Turchia, Russia e Iran convocano un summit per settembre cui parteciperanno anche Francia e Germania. Infine sia UE che Turchia considerano un errore l’uscita degli USA dall’accordo sul nucleare iraniano e l’Unione, a conferma che difenderà le imprese europee che fanno affari in Iran, promulga il nuovo regolamento di blocco aggiornato per attenuare l'impatto delle sanzioni sugli interessi delle imprese dell'Unione che svolgono attività economiche legittime con l'Iran.

 

  • settembre nel vertice tripartito di Teheran, Turchia Russia e Iran confermano la necessità dell’integrità territoriale siriana. La Russia per non indebolire il ruolo acquisito in Medio Oriente, la Turchia per proteggere ancora (anche per paura di ritorsioni sul suo territorio) i miliziani da lei sostenuti ed armati concordano per Idlib una tregua, perfezionata in seguito da un accordo, per alcuni commentatori non gradito ad Israele, per la creazione di una zona demilitarizzata che divida le truppe governative dai ribelli jihadisti. Gli anni di guerra in Siria, lasceranno strascichi in tutta la regione. Con l’emergere di opposte alleanze formate ognuna da un coacervo di stati arabi e non arabi, potenze globali e gruppi locali non sarà possibile alcun progresso democratico. A latere della 73° riunione ONU, l’UE ospita un incontro di Alto livello sulla Siria. Le parole dell’AR Mogherini ribadiscono una situazione in cui non vede una pace all’orizzonte. Viene annunciata la terza conferenza di Bruxelles per marzo 2019. Viene pubblicato il "Supporting the future of Syria and the region": financial tracking report 2018. In un incontro a livello ministeriale si studiano meccanismi per proteggere il commercio legittimo con l’Iran. Il Comunicato finale conferma anche la necessità di preservare il Joint Comprehensive Plan of Action come arco di volta della non proliferazione delle armi nucleari nella regione. I mesi successivi, in cui è prevista l’entrata in vigore di altre sanzioni da parte USA, diranno se La UE e gli altri partner avranno la forza politica di opporsi fattivamente agli americani. Pressato da una situazione economica in deterioramento Erdoğan è costretto, pur continuando la sua azione autoritaria, a fare passi indietro. Rinuncia al progettato canale del Bosforo e ad altri progetti edilizi ma centinaia di operai del cantiere del nuovo aeroporto, che protestavano per il ritardo nel pagamento dei salari e per le cattive condizioni di lavoro, sono arrestati. Accetta la decisone della Corte di cassazione che ordina il rilascio di Enis Berberoğlu, deputato del CHP in virtù della sua immunità parlamentare (la pena sarà scontata alla fine del mandato parlamentare) ma Demirtas viene condannato a quattro anni di carcere mentre con Cumhuriyet viene riproposta la tattica di un nuovo consiglio di amministrazione che detta una nova linea editoriale (licenziando i giornalisti). Anche la Banca centrale, acuendo il conflitto istituzionale, impone un aumento del costo del denaro al 24%. Nonostante la reazione positiva dei mercati, Erdoğan continua a non essere d’accordo e nello stesso tempo si nomina a capo del Fondo sovrano di Ankara in cui si trova il patrimonio di molte aziende di Stato. Come queste risorse verranno gestite non è chiaro anche perché con la nomina del genero alla vicepresidenza, gli affari dello stato diventano ancor di più affari di famiglia. Infine, per scoraggiare l’uso di dollari e euro, con un decreto presidenziale il governo dà trenta giorni per convertire in lire tutti i contratti economici stipulati in valuta estera. La crisi e i pessimi rapporti con Trump forzano Erdogan a riavvicinarsi alla Merkel cercando sostegni economici e, anche senza una vera normalizzazione delle relazioni,  si assiste ad una “riconciliazione di convenienza”. In  generale da dopo le elezioni, si assiste alla ripartenza di un dialogo costruttivo, politico e di sicurezza, con l’Europa dovuto anche al tentativo di farle digerire il nuovo sistema presidenziale che però stenta a decollare. Il nuovo sistema si porta dietro anche la riforma delle istituzioni militari e del sistema educativo nazionale mentre si apre una nuova fase elettorale, questa volta locale, che potrebbe riservare sorprese.

 

  • ottobre si svolgono le elezioni per il rinnovo del governo regionale del Kurdistan iracheno. A livello nazionale il Consiglio dei Rappresentanti elegge il curdo Barham Saleh presidente dell’Iraq il quale incarica Adel Abdul Mahdi di formare il nuovo governo. A seguito di questi sviluppi positivi la UE proroga il mandato della missione EUAM al 2020 e approva un bilancio di 64,8 milioni di EUR per il periodo da ottobre 2018 ad aprile 2020. Il Consiglio europeo di ottobre, incentrato sui problemi riguardanti i flussi migratori e sulla sicurezza interna, richiede ulteriori sforzi per dare piena attuazione alla dichiarazione UE-Turchia. Uno studio dell’Istituto Affari Internazionali sottolinea come Ankara dovrebbe “attuare politiche molto diverse dal passato, soprattutto per quanto riguarda la politica relativa ai rifugiati, la clausola geografica, la centralità statale e il bilanciamento tra sicurezza e diritti umani”. L’AR Mogherini incontra l’inviato ONU De Mistura pochi giorni dopo l’annuncio delle sue dimissioni, al centro dei colloqui la situazione ad Idlib dove la Turchia si impegna, su pressioni della Russia, a neutralizzare i gruppi jihadisti a lei vicini. La questione di Idlib è al centro del vertice “inedito” di Istanbul cui partecipano oltre a Russia e Turchia, anche Francia e Germania. Due gli obiettivi principali: rilanciare le negoziazioni per una nuova costituzione che possa portare ad una transizione politica e consolidare la tregua ad Idlib dove i gruppi jihadisti più radicali ancora rifiutano alcune parti dell’accordo. La Russia ha interesse che la Siria si stabilizzi per poter consolidare la sua presenza nella regione, la Turchia che non si arrivi ad uno scontro armato con l’esercito di Assad che provocherebbe un esodo di rifugiati verso i suoi confini. All’indomani del vertice la Turchia bombarda le postazioni curde nel nord della Siria. L’Europa, il più debole negli attori, si deve muovere con attenzione nel groviglio di rivalità regionali. Il giornalista Jamal Khashoggi, viene assassinato nel consolato saudita ad Istanbul, nel suo ultimo articolo sosteneva che il mondo arabo avesse necessità di più libertà di espressione. La risoluzione del PE -P8_TA(2018)0434 -  sottolinea che “l'uccisione del giornalista […] rientra in uno schema di repressione diffusa [intesificatosi] da quando il Principe ereditario Mohammad bin Salman ha iniziato a consolidare il suo controllo sulle istituzioni” e che “in varie occasioni il regime saudita ha sottoposto a pressioni e minacce paesi e organizzazioni internazionali e ha bloccato indagini internazionali indipendenti in risposta alle critiche […] riguardo a violazioni dei diritti umani perpetrate in Arabia Saudita o violazioni del diritto internazionale umanitario commesse nello Yemen”. Erdoğan accusa pubblicamente i sauditi centellinando però le rivelazioni col doppio fine di riguadagnare il centro della scena internazionale (e del campo sunnita) e mettere pressione agli USA. Dimostra che Bin Salman non può essere considerato un alleato affidabile ma ipocritamente avalla l’ipotesi che non sia coinvolto direttamente. Sul piano internazionale lo choc è molto forte e il vertice internazionale Future Investment Initiative, la Davos del deserto, viene boicottata dalla maggior parte dei partecipanti e media internazionali. La liberazione del pastore Brunson un recupero della lira turca anche se l’inflazione rimane alta così come il debito pubblico. Le misure adottate dal governo sul breve hanno dato qualche frutto ma, in mancanza di dettagli sulla manovra bilancio e sui futuri provvedimenti della Banca centrale, si teme che nel lungo periodo possano non essere sufficienti. La grandeur di Erdoğan si fregia di un nuovo simbolo: il nuovo aeroporto di Istanbul, uno dei più grandi del mondo. Un’opera colossale compiuta in solo un anno e mezzo pagata dagli operai con duecento morti. Nel frattempo la liberazione di Berberoğlu, la cui pena viene semplicemente sospesa fino alla scadenza del mandato parlamentare, e la detenzione di Osman Kavala, arrivata ad un anno senza ancora un processo, dimostrano che l’azione repressiva del presidente turco non conosce ripensamenti. Gli avvenimenti internazionali hanno nascosto alcuni sviluppi di politica interna che potrebbero portare alcune novità nei rapporti di forza tra l’AKP e l’alleato MHP che si presenteranno separati alle elezioni municipali.

 

  • novembre  la Corte dei conti europea pubblica la relazione speciale n. 27/2018 “Lo strumento per i rifugiati in Turchia: assistenza utile, ma sono necessari miglioramenti per ottenere un miglior rapporto tra benefici e costi”. Alla Conferenza di Palermo sulla Libia le tensioni sono tangibili tanto che la Turchia, sostenitrice di Serraj (e quindi antagonista di Haftar), rappresentata dal vicepresidente Fuat Oktay, abbandona i lavori. A latere della conferenza Otkay si incontra con l’AR Mogherini probabilmente per parlare anche del Dialogo politico di Alto livello tra Turchia ed Unione europea in programma ad Ankara. Il faticoso svolgersi delle relazione turco europee è testimoniato non tanto dal comunicato congiunto, in cui, a parte un timido accenno ad pieno ritorno allo stato di diritto venuto meno dopo il colpo di stato, non vi è nulla di nuovo ma dal botta e risposta nella conferenza stampa finale in cui Çavuşoğlu accusa l’UE di “non aver rispettato l'impegno preso con il memorandum" sui migranti ad aprire 5 nuovi capitoli dei negoziati di adesione. "Nel mondo di oggi è difficile trovare un partner più affidabile dell'Ue” ribatte l’AR Mogherini. I curdi non vengono mai nominati seppure siano ancora la principale forza di opposizione allo Stato Islamico che, scomparso dai titoli dei giornali, è ancora presente sul territorio. Bersagliati d’oltrefrontiera dai cannoni turchi i curdi siriani temono un attacco dell’esercito di Ankara che usa ben altri riguardi nei confronti delle milizie jihadiste probabili responsabili di un attacco chimico ad Aleppo. L’appoggio USA alle YPG, con le quali hanno istituito pattuglie miste, suscita irritazione in Turchia. Desta stupore la notizia che gli americani abbiano messo delle taglie su tre principali esponenti del PKK. E’ molto probabile che ciò sia stato fatto per calmare la Turchia cercando di rompere il rapporto tra le YPG e la catena di comando del PKK. La ripresa del dialogo con l’Europa si scontra con il perdurare delle intimidazioni contro avversari politici ed esponenti della società civile. Arresti indiscriminati e la pesante condanna ad Ali Unal, ex capo redattore di Zaman, riportano indietro l’orologio della storia. Il rifiuto di conformarsi alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo che ordina la scarcerazione di Demirtaş (secondo la Corte l’arresto del leader curdo mira a soffocare il pluralismo e impedisce l’esercizio del mandato parlamentare) seppure possibile dal punto di vista giuridico, le sentenze della CEDU sono vincolanti solo per gli Stati membri della Ue, dimostra come il dialogo Turchia UE sia ““à la carte” […] a transactional relationship, which enables keeping dialogue and cooperation going on issues of strategic importance to both. In other words, the refugee deal, developments in Syria and Iraq and Iran sanctions are part of the main menu, while Ankara’s reaction to the European Court of Human Rights (ECHR) ruling on Selahattin Demirtaş, the long detention of Osman Kavala, the latest detention waves against prominent academics like Professor Betül Tanbay are but side dishes” (B. Yinanç). Open Society, la fondazione di Soros, a seguito degli attacchi dei media e dello stesso Erdoğan decide di abbandonare la Turchia. Nel Progetto di relazione sulla relazione 2018 della Commissione sulla Turchia  (2018/2150(INI)) il PE  "invita ... a sospendere formalmente i negoziati di adesione con la Turchia". Il leader turco aderisce alla dichiarazione dell’AR Mogherini nel caso Kassoggi e per colpire Bin Salman si fa, incredibilmente, paladino della libertà di stampa. Fin dai primi giorni l’intento di Erdoğan è stato chiaro, usare la morte del giornalista per riportare la Turchia al centro della scena regionale accusando i vertici del governo saudita ma lasciando fuori Bin Salman affinché l’omicidio di Khashoggi non diventi un "problema” tra due Paesi. Viene inaugurato il Turkstream, il nuovo gasdotto porterà il gas russo in Turchia e poi in Europa. Per la Russia significa rendere meno importante il passaggio attraverso l’Ucraina (dando un duro colpo alle entrate di Kiev) e avere una voce maggiore in Mediterraneo. Poiché il paese di transito ottiene l’autorità di distribuire il flusso di gas, anche la Turchia aumenterà notevolmente il suo peso nei Balcani (se si sceglierà il prolungamento attraverso Bulgaria e Serbia) o sulla Grecia e l’Italia (se verrà scelta questa strada). Il petrolio, come sempre, è al centro delle tensioni geopolitiche  mondiali e il caso Kassoggi pone l’Arabia in una posizione di debolezza proprio mentre si svolge il quarto Dialogo politico di Alto livello tra UE e Iran. Dopo pochi giorni a latere della conferenza di Ginevra sull’Afghanistan l’AR Mogherni incontra il Ministro degli esteri iraniano Zarif confermando la volontà di proseguire con l’applicazione del JCPA il cui buon funzionamento è stato ribadito da un ennesimo rapporto della International Agency for Atomic Energy.

  • dicembre Bruxelles ospita la quarta tornata dei colloqui EU/E4-Iran. La discussione si concentra sulla situazione in Yemen e sull’avanzamento del processo di Astana per quanto riguarda la Siria. Trump, convinto della sconfitta dello stato islamico, annuncia il ritiro delle truppe dalla Siria. All’interno dell’amministrazione però non tutti sono d’accordo tanto che il segretario alla difesa Jim Mattis si dimette. Il ritiro delle truppe apre una serie di incognite. La prima è che i curdi del Rojava, timorosi di un attacco da parte dell’esercito turco,  aprono le porte di Manbij ad Assad. Costretti ad inseguire alleanze tattiche, poiché una volta partiti gli americani non sarebbero in grado di impedire la  “guerre d’extermination qui se prépare“, preferiscono, “se per il momento uno stato autonomo non è realizzabile […] vivere sotto il governo di Damasco che morire sotto le bombe di Ankara” (Cadalanu). In secondo luogo la partenza degli americani rischia di dare respiro alle migliaia di jihadisti ancora presenti sul terreno e soprattutto, con grande disappunto di Israele e Arabia Saudita, consegna la Siria all’influenza dell’Iran e alla Russia il ruolo di potenza egemone nella regione. I fatti danno ragione a questa lettura: a Ginevra Turchia, Iran e Russia, alla ricerca anche di una vittoria diplomatica, si accordano per la creazione di un “Comitato costituzionale” (la cui composizione però non è stata decisa) che dovrebbe fornire una soluzione politica  al conflitto. Gli Stati Uniti abbandonano l’idea di rovesciare Assad  per concentrarsi  sul futuro assetto del Paese.  Si riunisce ad Ankara il quinto meeting del Reform Action Group. Il comunicato finale elenca progressi fatti per allinearsi alle richieste della UE e ribadisce che la Turchia “will decisively continue its efforts to align with the EU standards despite political obstructions in the accession negotiations”. Naturalmente si fa fatica a credere a questi sforzi quando la caccia ai nemici di Erdoğan continua a svolgersi  senza sosta sia in territorio nazionale che all’estero. In maniera insperata l’omicidio Kashoggi offre al premier turco l’occasione di tentare il baratto tra il ridimensionamento delle accuse a Mohamed bin Salman e l’estradizione di Gülen. “La narrativa di Stato lega l'ultimo putsch dei militari alla protesta popolare” di Gezi Park così una procura spicca un mandato di cattura contro Can Dündar mentre Demirtaş continua a la sua detenzione. La crisi economica e l’avvicinarsi delle prossime elezioni locali spingono il premier turco a non mollare la presa. Svalutazione della moneta e inflazione provocano un rallentamento dei consumi privati e degli investimenti che, insieme al crollo del mercato immobiliare,  fanno registrare una crescita minima del 1,6%. In vista delle elezioni locali di marzo “un’economia in difficoltà è una grande complicazione per il presidente”. Ecco quindi giustificati i controlli di polizia su agricoltori e grossisti accusati di  far lievitare i prezzi, il taglio delle tariffe di gas e elettricità ed il contemporaneo aumento del salario minimo, la candidatura (incostituzionale) dello speaker della camera Yildrim a sindaco di Istanbul.